Cronaca

Mostrati i nomi dei 31 detenuti morti in carcere nel 2024, due dei quali in Liguria. Presenti anche i coniugi Scagni. Il garante dei reclusi Saracino: "Servono interventi urgenti"
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di Michele Varì

GENOVA - Trentuno suicidi nelle carceri italiane solo nei primi mesi del 2024, due dei quali nella nostra regione: per questo stamane davanti al tribunale di Genova c'è stato un flash mob dei due garanti dei detenuti, quello regionale, Doriano Saracino, e Stefano Sambugaro, del Comune di Genova, presenti anche i rappresentanti dell'Associazione "Nessuno Tocchi Caino" che si batte per tutti i ristretti, gli operatori che lavorano nelle carceri, e molti avvocati, fra cui Rinaldo Romanelli delle Unioni Camere penali.

Saracino ha letto i nomi di tutte le persone che si sono tolte la vita in carcere, in contemporanea i manifestanti hanno alzato fogli con il nome di ogni detenuto suicidatosi in cella: "Dobbiamo fare qualcosa per cambiare perché in carcere ci si suicida venti volte in più nella società libera e in questi quattro mesi ci sono stati anche quattro sucidi di agenti penitenziari - ha detto Saracino - ad esempio dobbiamo evitare i sovraffollamenti, migliorare la vita in carcere, consentire le telefonate, dare opportunità di lavoro, messaggi che devono arrivare ai detenuti che hanno bisogno di una speranza". Saracino ha confermato anche l'elevato numero di aggressioni dietro le sbarre.

Per questo davanti al tribunale c'erano anche Antonella Zarri e Graziano Scagni, genitori del quarantaduenne che il primo maggio del 2022 ha ucciso la sorella Alice e poi da detenuto due volte aggredito in carcere, a Marassi e Sanremo: "Lo Stato- ha spiegato la donna - si deve preoccupare che le persone private della loro dignità non siano privati della loro dignità e noi abbiamo toccato con mano come questo succeda nelle carceri italiane".

Presente anche Francesca, un'insegnante in pensione che per anni ha fatto la volontaria nel carcere Marassi: "Ho smesso per limiti di età, ma è stata un'esperienza che mi ha permesso di dare ma anche di ricevere molto".

L'avvocato Romanelli invece ha spiegato: "Entrare in carceri così fatiscenti per un avvocato significa ancora di più prestare attenzione e rispetto alla sofferenza dei detenuti e colmare anche  le difficoltà delle magistratura di sorveglianza di fare  fronte alle condizioni di vita che sono inumane, inidonee, inadeguate per un Paese civile che deve garantire la dignità dell'uomo anche l'interno delle carceri come garantisce l'articolo 2 della Costituzione e che invece oggi sono da terzo mondo. Le carceri sono sempre state nel dimenticatoio della società civile perché si vuole dimenticare cosa c'è in carcere. Oggi ci sono numeri del sovraffollamento che rendono impossibile ogni attività trattamentale e finalità concreta di rieducazione, in Italia abbiamo 400 accesi in più ogni mese, stiamo arrivando ai dati di sovraffollamento che nel 2010 hanno portato la condanna dell'Italia da parte della Corte europea dei diritti umani per violazione dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti umani".

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