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Cronaca

Le tre udienze della settimana saranno molto Tecniche, dedicate alla tecniche diagnostiche e all'esame della resistenza del tirante della pila 9 che ha provocato tragedia
4 minuti e 3 secondi di lettura
di Michele Varì

GENOVA - Dopo la tre giorni della lunghissime dichiarazioni spontanee dell'imputato Aspi Mauro Malgarini (supportato moralmente con grande partecipazione dalla moglie, rimasta per tre giorni seduta in aula) oggi al processo Morandi torna nel vivo la fase tecnica, in aula i consulenti degli imputati di Spea, la società di ingegneria che aveva il compito di monitorare Autostrade per l'Italia. Sono ben 16 su 58 gli imputati che lavoravano per questa azienda.

Per due giorni in aula si daranno il cambio i consulenti Felicetti-Mazzotti, ingegneri che parleranno delle tecniche di indagine diagnostiche e delle Indagini e prove eseguite sul viadotto.

Mercoledì invece toccherà al consulente Landolfo, che parlerà dell'esame dei tiranti della pila 9 che ha provocato il crollo. Obiettivo rispondere ai pm Terrile, Cotugno e Airoldi e ai detective della guardia di finanza che accusano come dopo il rifacimento della pila 11 negli anni 90, le altre due pile, la 10 e soprattutto la 9, causa del crollo, non sono state monitorate in modo adeguato.

Dopo queste tre udienze ci sarà uno stop per il Primo Maggio, festa dei lavoratori, e si tornerà in aula lunedì 6 maggio con i consulenti, sempre di Spea, Meda, Antonelli, che si occuperanno della valutazione dell'ammaloramento, e di Saetta che invece parlerà dei lavori degli anni '90.

Il 7 maggio invece toccherà al consulente Savoia, che illustrerà le prove dinamiche effettuate sul ponte.

Il cuore della fase tecnica di Spea potrebbe essere quella fra l'8 e il 13 maggio quando i consulenti parleranno anche del progetto di retrofitting della pila 9: il progetto che era stato deciso di avviare ma rinviato per troppi anni, tanto che doveva essere bandito nell'ottobre del 2018, due mesi dopo il crollo che ha ucciso 43 persone e fatto finire alla sbarra 58 persone.

In aula è già emerso che per capire le cause del crollo bisogna vivisezionare il reperto numero 132 che presentava delle "cavità" che hanno accelerato la corrosione dei tiranti.

A detta dei consulenti a difesa dei 16 imputati Spea è questo il «vizio occulto e occultato di costruzione» causa del crollo della pila 9, vizio, dicono le difese, noto ai costruttori ma nascosto ad Autostrade per l'Italia e alla stessa Spea.

Anomalia, guarda caso, di cui non ci sono tracce sugli stralci dei registri del cantiere e nel collaudo statico che avrebbero permesso di adottare le contromisure per prevenire il crollo.

Di questo hanno anche parlato in aula i primi tre consulenti Spea, gli ingegneri Giovanni Ferro, Paolo Riva e Roberto Roberti  (nella foto di fronte, a sinistra invece i giudici Lepri, Baldini e Polidori), per hanno già deposto in aula all'inizio della fase tecnica.

A coordinare l'esposizione dei consulenti Spea due legali che difendono gli imputati di Spea, gli avvocati Rinaldo Romanelli e Francesco Del Deo, che hanno poi ribadito a Primocanale il loro fine: "Ricostruire in modo chiaro perchè è fondamentale comprendere quale era il progetto Morandi e quali erano le varie fasi di costruzione, dopo abbiamo chiarito che nella selezione dei reperti non siamo intervenuti perché la fase dell'incidente probatorio è avvenuta in un secondo momento, reperti conservati e selezionati che sono una parte molto modesta, che in relazione agli stralli sono circa il 10% e abbiamo chiarito che c'è una parte di questi reperti che sono ancora conservati e su cui noi abbiamo chiesto di fare accertamenti, questo perché c'è una tesi della procura per cui il ponte fosse generalmente ammalorato mentre noi abbiamo dimostrato e dimostreremo che c'era un ammaloramento localizzato e determinato da un vizio occulto, e quindi è funzionale per comprendere questo aspetto la misurazione delle altre poche parti del ponte che abbiamo potuto conservare, unico modo per dire che le altre parti della struttura erano in buona efficienza".

"I nostri consulenti - hanno proseguito i legali - hanno presentato un'istanza all'inizio dell'incidente probatorio per fare delle prove definite quantitative anche sugli altri trefoli e sugli altri tiranti per misurare la resistenza delle altre parti non viziate da questo ammaloramento, il che eliminerebbe ogni tesi pur generalmente avanzata dalla procura sul fatto che il ponte complessivamente non fosse in buono stato di salute, il che non è vero perchè dagli accertamenti emerge esattamente il contrario".


Ma entriamo nei dettagli: la tesi dei consulenti di Spea, come quella dei tecnici di Autostrade per l'Italia, è che a provocare il crollo sia stato un difetto di costruzione sulla pila 9 avvenuto nel 1966, mai rivelato dai costruttori e impossibile da diagnosticare. Come a dire: Autostrade quando ancora era Anas nel affidare la rete ad Aspi dei Benetton non ha ma rivelato di questo vizio di costruzione, e non sarebbe un caso che sia sparito il diario dei cantieri e non sia stato effettuato il collaudo statico sul Polcevera.
A creare il buco, a detta dei consulenti di Spea, sarebbe stata la mancata iniezione di malta nella sommità dello strallo, così la rastrelliera, posta in cima alla pila, che non era bloccata dalla malta, quando sono stati tirati i cavi si è accartocciata.

Il calendario dei consulenti Spea è programmato sino al 22 maggio.

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