GENOVA - Il crollo di Ponte Morandi è stato provocato da più cause, ma alla base di tutto rimane il vizio occulto sulla pila nove, che minava la stabilità della struttura: a fare collassare il viadotto proprio quel quel giorno, le cause scatenanti, possono avere inciso il carroponte che avrebbe tranciato i cavi di acciaio situati lungo l'impalcato, un tornado di vento e anche il rotolo di acciaio caduto da un tir.
E' questa la tesi di una parte dei tecnici allora al servizio di Autostrade per l'Italia che saranno chiamati in aula dalla prossima settimana e per otto udienze, alla fine delle deposizioni degli ingegneri di Spea, la società di ingegneria che aveva il compito di controllare Aspi e che invece era tutt'uno con Autostrade per l'Italia come conferma il fatto che ben sedici dipendenti Spea sono indagati per la tragedia del 14 agosto 2018 costata la vita a 43 persone e per cui in tutto grazie alle indagini della guardia di finanza sono alla sbarra 58 persone.
Dei lavori in corso per il nuovo carroponte sul viadotto Polcevera come possibile causa del crollo si era parlato nei primi mesi di indagine quando ancora tutte le ipotesi erano sul campo, compresa quella del fulmine e del coil, il rotolo di acciaio che era su uno dei camion precipitati. Del carroponte si era tornato a parlare di recente proprio nel dibattimento.
Il 4 marzo scorso a testimoniare da alcuni imputati era stato Hubert Weissteiner, legale rappresentante di Weico, la ditta che dal 2015 aveva ottenuto l’appalto per installare un carroponte sotto l’impalcato del viadotto Polcevera. Si trattava di lavori non strutturali per sostituire la struttura metallica mobile, ancorata al fondo dell’impalcato del cavalcavia che avrebbe consentito agli operai di verificare le condizioni di quell’elemento del ponte e lavorare in sicurezza.
Weissteiner aveva spiegato: “L’indicazione che ci era arrivata da Aspi e Spea era di stare lontani dalle porzioni di viadotto in cui i tiranti del Polcevera si agganciavano all’impalcato. Così rispetto ai punti teorici in cui avremmo voluto praticare i fori per montare i supporti per le guide del carroponte, ne utilizzammo di diversi, facendo delle rilevazioni con un macchinario ad hoc per non intaccare i tiranti e poi dei carotaggi. I dati ottenuti con la nostra apparecchiatura per analizzare il calcestruzzo venivano passati ai progettisti di due ditte esterne a cui ci eravamo rivolti. Queste ci restituivano le misure di quanto avremmo dovuto spostare i fori. Il progetto così era condiviso con Aspi e Spea. E tutto partiva dalle tavole del Morandi che ci erano state consegnate”.
Del vizio occulto sullo strallo, del carroponte, del coil e del tornado di vento si parla nella relazione di 1500 pagine consegnata oggi dai legali degli imputati Aspi ai giudici.
Stamane, domani e mercoledì in aula davanti ai giudici Lepri, Baldini e Polidori e ai pm Cotugno e Airoldi, con Terrile a fare la regia dall'ufficio, torneranno e dovrebbero concludere i tecnici di Spea: la tesi della società di ingegneria per spiegare il crollo è che il collasso sia stato causato da un difetto di costruzione della pila 9 che era stato nascosto e mai segnalato dai responsabili del cantiere, un difetto più profondo e per questo molto più difficile da quelli diagnosticati alla fine degli anni '80 sulla pila 11, rifatta, e 10, in qualche modo rammendata con delle pezze
L'architetto Donferri Mitelli ed altri tecnici allora di Aspi infatti nel 1993 avevano redatto uno studio che garantiva che la pila 9, quella che ha causato la strage, fosse sicura sino al 2030. Relazione che è stata usata, e lo sarà ancora in futuro, utilizzata da molti imputati per difendersi dall'accusa di avere sottovalutato il degrado dello strallo.
A proposito di imputati è confermato che molti fra cui i principali, Castellucci, Berti e Donferri Mitelli dopo la fase tecnica e il controesame dei periti dei pm rilasceranno spontanee dichiarazioni in aula. Dichiarazioni che potrebbero arrivare a settembre, alla ripresa delle udienze dopo la sospensione estiva.