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Cronaca

Al via il processo per l'omicidio del giovane barbiere ucciso l'anno scorso a Sestri Ponente, poi mutilato e gettato nel mare a Chiavari: alla sbarra i datori di lavoro connazionali della vittima individuati grazie a intercettazioni e telecamere
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di Michele Varì
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GENOVA - "Abbiamo incrociato telefonate dei due indagati con i video delle telecamere di sorveglianza e i contenuti dei messaggi, nonostante molti fossero stati cancellati, così abbiamo identificato e fermato i due presunti assassini di Abdalla".



Lo ha detto in aula il tenente dei carabinieri Alfonso Bellacosa, capo della prima sezione del comando provinciale all'avvio del processo davanti alla corte di Assise presieduta da Massimo Cusatti nei confronti di Bob e Tito, due egiziani gestori della barberia di via Merano, a Sestri Ponente, in galera per avere ucciso il giovane connazionale Abdalla, poi mutilato, decapitato e gettato nel mare di Chiavari. L'efferato omicidio avvenuto il 23 agosto dello scorso anno.

Agli imputati i carabinieri, coordinati dal pm Daniela Pischetola, sono arrivati dopo cinque giorni. Il movente, seppure poco credibile, è che la vittima pretendeva il pagamento di alcuni arretrati e stesse per andare a lavorare in una barberia concorrente.

Abdalla, ha ricostruito il tenente Bellacosa, è stato ucciso a coltellate nell'abitazione di via Vado, il dormitorio dai lavoratori della barberia, poi è stato trasportato in due borse con un taxi a Chiavari dove, su una spiaggia libera, in piena notte, è stato fatto scempio del corpo, poi buttato in mare.

L'investigatore ha ricostruito l'indagine dall'identificazione della vittima dalle impronte digitali della prima mano mutilata affiorata fra le onde, ai messaggi cancellati rinvenuti sulla memoria dei telefonini degli imputati.

I due imputati, Kamel Abdelwhab "Bob" (in alto), difeso dall'avvocato Salvatore Calandra, e Mohamed Abdelghani, "Tito"  (in basso), difeso dall'avvocato Fabio Di Salvo, sono accusati di omicidio volontario con le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi. Rischiano l'ergastolo.

Da chiarire la posizione di un terzo egiziano, Ali, titolare della barberia, che quando è accaduto il delitto era in Egitto e da lì, pur annunciandolo più volte, non è mai rientrato.

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