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Cronaca

Salvatore Aldobradi chiede vengano ascoltatte, in qualità di testimoni, alcune persone che avevano visto Sargonia i giorni successivi alla sua scomparsa
1 minuto e 13 secondi di lettura
di Alessandra Boero
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"Non ho ucciso io Sargonia Dankha, non ho idea se sia sparita o se le sia successo qualcosa". È la dichiarazione spontanea di Salvatore Aldobrandi, sanremese di 75 anni, a processo con l'accusa dell'omicidio della giovane Sargonia, avvenuto in Svezia nel 1995. 

All'epoca i due si frequentavano e Aldobrandi era diventato nel giro di poco il sospettato principale, tanto da rimanere in carcere per diversi mesi prima di essere rilasciato. In Svezia infatti non è possibile accusare di omicidio qualcuno senza avere un cadavere.

Aldobrandi questa mattina si è presentato davanti alla Corte d'Assise del Tribunale di Imperia, dove ha reso dichiarazione spontanea attraverso la lettura di una memoria scritta di suo pugno. Nel documento l'uomo ha riportato alcuni episodi come l'interruzione di gravidanza piuttosto che i diversi incontri al locale dove lui lavorava, ma si è anche soffermato su alcune persone che hanno detto di aver visto Sargonia i giorni successi alla presunta scomparsa.

"Vorrei - ha chiesto - che queste persone venissero sentite in qualità di testimoni in maniera tale che la Corte possa accertare la mia innocenza".

In aula, in qualità di testimone, anche l'attuale moglie di Aldobrandi. "Sono venuta a conoscenza di questa storia attraverso i giornali. È sempre stato un papà perfetto, un uomo che ha sempre lavorato e avuto rispetto della famiglia. Conoscendolo, sono certa che se fosse stato coinvolto in questa storia me ne avrebbe parlato".

Nel frattempo il responso della perizia sulle condizioni di salute dell'uomo risulta compatibile con la detenzione in carcere.

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