Si terrà il 2 dicembre l'udienza per selezionare gli elementi di prova da inserire nel fascicolo del processo: un passaggio tecnico necessario prima dell'inizio del dibattimento che è fissato per il 6 febbraio 2025, davanti alla corte d'assise di Genova.
L'udienza
I legali di Anna Lucia Cecere, l'ex insegnante sospettata di avere ucciso la giovane segretaria Nada Cella nel 1996 a Chiavari (Genova), e quelli del commercialista Marco Soracco e della madre Marisa Bacchioni, insieme alla pm, al procuratore generale e alle difese delle parti civili, si vedranno per decidere gli elementi che verranno ammessi al processo. Mercoledì scorso, la Corte di appello, nel decreto che ha disposto il rinvio a giudizio per i tre, ha indicato una serie di documenti. Si va dai verbali di ispezione dei luoghi, verbali di perquisizione e sequestro fino agli accertamenti autoptici, passando per i verbali di sommarie informazioni testimoniali fino alle intercettazioni telefoniche e ambientali. Uno degli elementi nuovi è un verbale del fratello e un altro della sorella della sospettata, in cui spiegano che dopo l'avvio delle indagini la Cecere disse loro di parlare al telefono solo di stupidaggini e mai del caso in cui lei era coinvolta. Non solo. L'avvocata Sabrina Franzone, che assiste la madre di Nada Cella, Silvana Smaniotto, aveva trovato una intervista della prima legale di Cecere, l'avvocata Margherita Pantano. Il 31 maggio 1996, in coincidenza della notizia dell'archiviazione, affermava che "la mia cliente ha avuto la sventura di passare da quelle parti il lunedì in cui Nada Cella è stata massacrata e di abitare in una via vicina. Qualcuno l'ha vista ed è andato a riferirlo agli investigatori." Di fatto, dice l'avvocata Franzone, "è lo stesso legale che conferma la presenza della Cecere in prossimità del luogo dell'omicidio proprio la mattina dell'omicidio e ad escludere l'esistenza di qualsivoglia alibi".
Nada Cella, la madre: "Troppi errori mi hanno rovinato la vita" - L'INTERVISTA
Grazie alla criminologa che ha riaperto il caso
"Vorrei vedere Anna Lucia Cecere, mi piacerebbe incontrarla: a febbraio se la salute me lo permetterà sarò in tribunale". È quasi minacciosa Silvana Smaniotto, la mamma di Nada Cella, nei confronti della donna rinviata a giudizio dopo 28 anni per l'omicidio della figlia. Sorride anche Silvana, e parla, parla di tutto, seduta al tavolo della sua casa di via Piacenza, a Chiavari, intervistata da Primocanale. Ringrazia innanzitutto con affetto la criminologa barese Antonella Delfino Pesce che tre anni fa a sorpresa ha permesso di riaprire l'indagine scoprendo gli errori degli inquirenti di allora. E' stata lei a tirare fuori tutto e gli intrighi che c'erano stati, ha lavorato tanto.
Omicidio Cella, Soracco: "Mai visto Cecere nel mio studio" - LE PAROLE DELL'INDAGATO
Il cold case
Nada Cella è la giovane segretaria uccisa a Chiavari nello studio del commercialista Marco Soracco il 6 maggio 1996. Fin da subito le indagini si ingarbugliarono ed è solo per merito della criminologa Antonella Delfino Pesce che aveva scoperto che i carabinieri avevano trovato in casa di Cecere bottoni uguali a quello sporco di sangue rinvenuto sulla scena del delitto che il caso è tornato alla ribalta. Ma i militari dell'arma non lo comunicarono mai ai poliziotti titolari dell'indagine perché il magistrato di allora, Filippo Gebbia, gli proibì di comunicare con gli agenti. Non solo: quando pochi mesi dopo gli investigatori della mobile arrivarono Cecere si sentirono dire dal pm di non perdere tempo perché quella pista era stata già verificata e archiviata dai carabinieri. Ad accusare Cecere tre testimoni oculari: una nomade (ora deceduta), il figlio della stessa e una donna mai identificata che fece una telefonata anonima, videro tutti l'indagata uscire dal palazzo del delitto. Difesa dall'avvocato Gianni Roffo, Cecere si è detta innocente affermando che quel giorno era fare le pulizie in casa di un dentista di Santa Margherita. Un alibi che il gip ha dato per scontato fosse stato verificato, il medico invece ha detto che allora nessuno gli chiese nulla e oggi non ricorda di quella donna.