"Vorrei vedere Anna Lucia Cecere, mi piacerebbe incontrarla: a febbraio se la salute me lo permetterà sarò in tribunale".
È quasi minacciosa Silvana Smaniotto, la mamma di Nada Cella, nei confronti della donna rinviata a giudizio dopo 28 anni per l'omicidio della figlia.
Grazie alla criminologa che ha riaperto il caso
Ieri la donna non aveva voglia di parlare, piangeva e basta, oggi, dopo la decisione dei giudici della corte di Appello di rinviare a giudizio Cecere sembra più giovane, come se avesse il cuore più leggero come ha detto al suo avvocato Sabrina Franzone.
Sorride anche Silvana, e parla, parla di tutto, seduta al tavolo della sua casa di via Piacenza, a Chiavari.
Ringrazia innanzitutto con affetto la criminologa barese Antonella Delfino Pesce che tre anni fa a sorpresa ha permesso di riaprire l'indagine scoprendo gli errori degli inquirenti di allora. E' stata lei a tirare fuori tutto e gli intrighi che c'erano stati, ha lavorato tanto,
Dura con il pm Gebbia: "Mi rovinato la vita"
E alla domanda se il pm di allora Filippo Gebbia, colpevole di avere archiviato Cecere dopo pochi giorni, come i poliziotti e anche i carabinieri, che non hanno mai collaborato davvero, poteva fare di più, tira un sospiro di sollievo: "Questa è una bella domanda. Avrebbero potuto fare di più ma non l'hanno fatto. Perché non ha svelato alla polizia dei bottoni trovati dai carabinieri? Bisognerebbe chiederlo a lui, lo conosco bene Gebbia, mi ha anche cacciato fuori dall'ufficio, di lui ho ricordi brutti, sì brutti, non era una persona socievole".
Alla domanda su cosa direbbe oggi a Gebbia Silvana si ferma e poi scandendo con le lentezza le parole, come a sottolinearle, dice: "Mi ha fatto passare dei gran dispiaceri, non voglio dire altro...".
Suo marito Bruno e quel magistrato "padrone"
E quando le si ricorda che Bruno, suo marito (deceduto pochi anno dopo la tragedia vittima di un malore davanti al cimitero di Alpepiana dove è sepolta Nada Ndr) per tanto tempo si è seduto davanti all'ufficio di Gebbia, come a ricordare il suo dolore, Silvana risponde: "Come un cane che aspetta un padrone, mio marito faceva così... ma il padrone usciva e non lo guardava neanche in faccia, ecco cosa è successo...". Poi Silvana ammette che in questi giorni pensa spesso non solo a Nada, ma anche a Bruno, "speriamo che veda qualcosa...".
I nuovi inquirenti hanno lavorato tanto
Silvana poi ringrazia il magistrato e gli inquirenti che hanno riaperto il caso, fra cui il pm Gabriella Dotto: "Li ringrazio tanto, di cuore - dice mettendosi le mani al cuore - grazie tante, loro mi fanno capire che c'è ancora una giustizia che funziona, che non credevo esistesse più"
"Soracco sapeva tutto"
Quando si fa il nome di Marco Soracco Silvana sbotta, "questo è un tasto dolente" e alla domanda se crede, come ipotizzano gli inquirenti, che lui ha visto Cecere sul luogo del delitto, dice, "questo non lo so
Silvana svela poi che dopo l'omicidio ha fermato per strada Soracco, per fargli una sola domanda, come se avesse lei avesse già previsto tutto: "Gli chiesi di dirmi chi aveva ammazzato mia figlia, se non era stato lui, ero sicuro che sapesse, ma non mi disse nulla. Per questo ritengo che lui sia colpevole. Lui sapeva tutto e non ha mai parlato".
IL COMMENTO
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