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Cronaca

Lo ha detto il parrucchiere Giuseppe Vadalá davanti al GIP durante l’interrogatorio durato quasi un'ora nel carcere di Marassi, dove è detenuto da quando si è consegnato ai carabinieri dopo una fuga di qualche ora
2 minuti e 58 secondi di lettura
di Aurora Bottino
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Dietro al foglio con su scritto “chiuso per malattia” e la serranda mezza abbassata del salone “da Giuse” di piazza della Repubblica a Sestri Levante c’è la tragica storia della sparatoria avvenuta giovedì scorso nell’entroterra del Tigullio, a Prato, località di Castiglione Chiavarese. “Non volevo ucciderlo” ha detto Giuseppe Vadalá davanti al GIP durante l’interrogatorio durato quasi un'ora nel carcere di Marassi, dove è detenuto da quando si è consegnato ai carabinieri dopo una fuga di qualche ora. Eppure uno dei proiettili ha colpito all’addome Matteo Bo, 42 anni, impresario edile e vicino di casa di Vadalá. Il Gip ha disposto la custodia in carcere e ha convalidato il fermo per il parrucchiere. 

Lite tra vicini finisce in sparatoria: un ferito gravissimo, fermato l'aggressore - LEGGI QUI 

Prima la lite, poi gli spari: la ricostruzione di quella mattina di sangue

Proprio di fronte alle abitazioni, due villette a pochi metri di distanza l’una dall’altra, è avvenuto il fatto di sangue: quella mattina Vadalá ha visto Bo che lavorava su un piccolo escavatore nel terreno causa di attriti da anni: l’ennesima lita è scoppiata e poco dopo Vadalá, che deteneva legalmente una calibro 38 (che però non poteva essere portata fuori) e un'altra pistola invece che sarebbe stata illegalmente, è uscito e gli ha sparato. Sei colpi in tutto, tre hanno ferito Bo lasciandolo in fin di vita.

L’allarme è stato dato da un’altra vicina che ha sentito prima la lite, poi gli spari. E mentre Bo veniva soccorso Vadalá prendeva l’auto e scappava. Prima ha raggiunto casa del fratello, nella frazione di Campegli a Casarza Ligure, poi è risalito in auto e ha fatto perdere le sue tracce. Intanto i carabinieri di Sestri Levante coordinati dal colonnello Michele Lastella hanno raggiunto Campegli. Una buona intuizione ma il parrucchiere aveva già lasciato l’agglomerato di villette. È intorno alle 12 che Vadalá - che nel mentre aveva effettuato diverse telefonate tra cui quella al suo avvocato, Angelo Paone, che gli ha subito consigliato di consegnarsi - si è presentato nella caserma dei Carabinieri di Sestri Levante. Ai militari ha detto, come ha poi ripetuto al GIP: “Non ci ho più visto”.

L'escavatore su cui stava lavorando Matteo Bo, ora sequestrato dai carabinieri

Bo è stato trasferito in rianimazione, a giorni potrebbe essere sciolta la prognosi

Tra i paesi coinvolti in questa vicenda le voci che corrono sono diverse. Amante delle armi o esasperato, quello che raccontano tutti è che Giuseppe Vadalá fosse un brav’uomo: “Quando l’ho saputo mi sono sentita male” racconta una signora, cliente del 53 anni. Buone parole anche per Matteo Bo, che all’ospedale San Martino ha subito un intervento salva vita durato cinque ore e che presto ne subirà un’altra per ricostruire il ginocchio, colpito da uno dei tre proiettili. Al momento Bo è stato trasferito dalla Rianimazione M3 del Monoblocco, diretta dal professor Nicolò Patroniti, al Trauma Center diretto dal dottor Luca Berardi, che salvo contrordini scioglierà la prognosi, oggi ancora riservata, tra pochi giorni. "Il paziente è vigile, lucido e collaborante" fanno sapere dalla direzione sanitaria.

Continuano le indagini, si cerca l'arma del delitto tra Castiglione e Casarza

Continuano anche le indagini dei carabinieri, che da giorni setacciano un perimetro di circa tre chilometri - quello percorso da Vadalá dalla sparatoria alla caserma - per ritrovare l’arma del delitto che l'uomo racconta di aver buttato a terra. Si lavora anche per visionare la telecamera di videosorveglianza posizionata proprio vicino alle case, sulla porta d'ingresso dell'abitazione di Vadalà. 

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