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Cronaca

Le indagini confermano che l'assassino potrebbe avere premeditato l'omicidio della sorella
2 minuti e 35 secondi di lettura
di Michele Varì

 GENOVA-Il coltello usato da Alberto Scagni per uccidere la sorella Alice potrebbe essere lo stesso che l'uomo aveva postato sui social a mo' di minaccia e di sfida nei confronti dei tanti nemici da cui si sentiva assediato.

Trapela dalle indagini degli inquirenti della squadra mobile che conducono gli accertamenti sul delitto del Primo Maggio avvenuto davanti al palazzo dove abitava la vittima.

Nell'appartamento dell'assassino, al civico 15 di via Balbi Piovera, a Sampierdarena, gli investigatori hanno trovato la custodia del coltello postato ma non l'arma: per questo è viene avvalorata la tesi che il coltello rinvenuto al fianco della cadavere di Alice Scagni sia proprio quello postato a metà aprile sui social dal fratello assassino.

Questo particolare avvalora l'ipotesi che Alberto Scagni possa avere premeditato l'omicidio: l'uomo infatti pensava di avere tutti contro, come dimostra il fatto che temendo di essere spiato avesse fatto bonificare il suo appartamento nella fobia fossero state installate delle microspie.

Come trapelato già ieri la Procura di Genova oltre ad indagare sul delitto dopo le accuse della mamma dei due fratelli ha aperto un'inchiesta anche per omissione d'atti d'ufficio e omissione di denuncia. La stessa Procura, eseguita l'autopsia, ha concesso il nulla osta: i funerali di Alice si terranno sabato alle 10 alla Chiesa della Consolazione.

Antonella Zarri, la madre di Alice e Alberto, invitata e ripercorrere i giorni che hanno preceduto l'omicidio, avrebbe spiegato agli inquirenti di aver avuto contatti almeno per 5 volte con le forze dell'ordine (volanti della polizia, carabinieri e polizia locale) tra il 22 aprile e il 1 maggio per segnalare lo stato di alterazione del figlio.

"Noi abbiamo seguito quelle che erano le regole. Abbiamo chiamato il 112 come ci avevano detto. Alice avrebbe fatto così per noi, nello stesso identico modo. Posso comprendere se i protocolli funzionano ma se poi dal protocollo esce un cadavere... Io chiedo solo che venga rivisto per non avere il prossimo. Alice non torna più. Che non ci siano altre Alice, che non ci siano altri Alberto. Hanno perso la vita tutti e due", così aveva detto la mamma di Alice, raggiunta telefonicamente da Primocanale.

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Il fascicolo è stato aperto contro ignoti. La squadra mobile ieri aveva inviato al 112 la richiesta di acquisizione delle chiamate ricevute nei giorni e negli orari indicati dalla donna ma nelle prossime ora il pm Crispo sentirà come persone informate sui fatti gli operatori in servizio al centralino, i funzionari responsabili e anche gli agenti intervenuti, come nel caso del tentativo di incendio del portone della nonna di Scagni avvenuto il 30 aprile intorno alle 19.

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L'operatore del 112 che avrebbe tergiversato, i medici e gli infermieri del centro di salute mentale della Fiumara che avrebbero detto di recarsi a sporgere denuncia in ufficio il 2 maggio (per beffa, il giorno dopo la tragedia), e i poliziotti, quelli intervenuti sabato dopo l'incendio della porta della nonna e quelli che sono andati a bussare alla porta (nella foto) della mamma di Alice e di Alberto Scagni, due fratelli, vittima e l'assassino della tragedia di Quinto.

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