GENOVA - A Palazzo Ducale è stato sequestrato un dipinto di Pieter Paul Rubens, l'ultimo esposto che chiudeva il percorso di visita nella mostra dedicata all'artista fiammingo e al suo rapporto con la città di Genova. A far aprire le indagini della Procura, coordinate dal pm Eugenia Menichetti e dall'aggiunto Paolo D'Ovidio, sarebbe un problema legato ai passaggi di proprietà del quadro "Cristo risorto appare alla madre". Il dipinto è autentico, ma negli anni è stato esportato illecitamente all'estero. L'opera, infatti, era di una nobile famiglia genovese, Cambiaso, che lo custodiva nello storico palazzo di famiglia sottoposto a vincolo già dai primi anni del Novecento, appartenente all’antico sistema dei “Rolli”, e che lo avrebbe venduto a 300 mila euro a un mercante: l'autorizzazione all'espatrio è stata data in quanto era stato falsamente attribuito genericamente ad una scuola fiamminga. Soltanto una volta all'estero, a Praga, il quadro è stato poi autenticato come Rubens.
"In quanto un Rubens, non sarebbe mai stata data l'autorizzazione all'espatrio"
"Questo quadro è stato utilizzato per fare soldi, venduto prima ad un prezzo basso e poi rivenduto all'estero e utilizzato per delle esposizioni", spiega a Primocanale il procuratore aggiunto Paolo D'Ovidio. Secondo quanto ricostruito, infatti, il mercante lo avrebbe rivenduto a un altro privato per oltre 3 milioni di euro. Ora l'opera appartiene ad un collezionista privato che l'ha prestata per la mostra "Rubens a Genova" a Palazzo Ducale, la prima esposizione in Italia: anche per questo motivo, la critica l'ha definita una delle principali novità da vedere nell'allestimento, dato che è sempre stata citata negli inventari e nelle incisioni, considerata perduta e poi riconosciuta soltanto negli ultimi anni. Questa mattina il quadro è stato tolto dal percorso espositivo, ma era posizionato al di fuori del percorso principale della mostra "che rimane quindi visitabile senza perdere il proprio valore di testimonianza artistica di un periodo storico eccezionale per la città di Genova", tiene a sottolineare Palazzo Ducale in una nota stampa. "Questo quadro potrebbe comunque restare esposto fino al 5 di febbraio", la data entro cui è stata prolungata la mostra: ad aprire a questa ipotesi lo stesso D'Ovidio, ma si deciderà nelle prossime ore se questa strada possa essere percorribile.
Sono quattro le persone iscritte al registro degli indagati, nel frattempo. Si tratta di due collezionisti che, una volta entrati in possesso del dipinto, avrebbero esportato il dipinto utilizzando un attestato di libera circolazione, rilasciato dall’Ufficio Esportazione di Pisa, ottenuto tramite false dichiarazioni e omissioni. Inoltre, gli indagati hanno dissimulato la vendita fittizia dell’opera utilizzando società appositamente create all’estero, ostacolandone l’individuazione. Con loro anche un commercialista e il figlio che li avrebbero aiutati nelle operazioni. I reati ipotizzati sono quelli di esportazione illecita e riciclaggio. I carabinieri hanno ricostruito che l'opera era di proprietà della nobile famiglia Cambiaso di Genova che lo custodiva a Palazzo Centurione Cambiaso, dimora inserita nel circuito dei Rolli (palazzi storici dichiarati patrimonio dell'umanità dall'Unesco), che aveva provato a venderla, sapendo la reale attribuzione, senza riuscirci, secondo quanto ricostruito dai militari. Erano poi riusciti a cederla, nel 2012, ai due indagati per 350 mila euro. I due mercanti l'avevano fatta restaurare nel 2014, facendo emergere la seconda figura di donna. I due avevano fatto uscire il dipinto dichiarando falsamente, all'ufficio esportazione della Sovrintendenza di Pisa, che era di un anonimo autore fiammingo e che valeva 25 mila euro.
Questo dipinto che raffigura Gesù risorto che appare alla madre, vestita in azzurro, e ad un'altra donna che è in realtà sempre la Vergine Maria raffigurata in un'altra posizione. Grazie alle radiografie, infatti, si è scoperto che è stata realizzata su una tela già usata in precedenza che poneva la figura della Madonna in un'altra posizione. Per questo si è scelto nelle fasi di restauro di mantenere le due figure al cospetto del Cristo risorto.
Nel preparare l'allestimento di Palazzo Ducale, la curatrice Anna Orlando si è avvalsa della collaborazione di Nils Büttner, presidente del Centrum Rubenianum, che stava proprio studiando l'opera a Bruxelles. "Capita spesso che opere vengano vendute con attribuzioni minori e poi, anche grazie a restauri e soprattutto ad occhi esperti, vengano riconosciute successivamente come capolavori di un determinato maestro", spiega Orlando a Primocanale.
"Una attribuzione corretta può essere fatta soltanto da chi conosce bene un artista, in questo caso dagli studiosi rubensiani che hanno visionato le pennellate riconoscendo il tocco di Rubens"
"Il dipinto è stato sottoposto soltanto in anni recenti, a distanza di almeno 8-10 anni dalla sua vendita. Un lavoro collegiale degli studiosi di Rubens ritiene che l’opera sia eseguita su disegni di Rubens in parte dalla bottega e in parte dal Maestro, come spiega esaustivamente la scheda di catalogo, a firma di Fiona Healy". E il direttore di Palazzo Ducale Serena Bertolucci assicura una "piena e assoluta collaborazione tra Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura e i Carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio culturale".
Sull'autenticità non vi possono essere dubbi, così come sulle modalità del prestito, che è stato vagliato "con le pratiche di importazione temporanea della Soprintendenza", come avviene per qualsiasi altro quadro. Palazzo Ducale è dunque estraneo alla vicenda che riguarda la storia passata del dipinto. Le indagini proseguiranno in parallelo e decideranno le sorti del quadro, che potrebbe anche restare a Genova. Il collezionista genovese che aveva venduto l'opera, secondo quanto si apprende, non sarebbe più in vita e quindi potrebbe o tornare in mano agli eredi o essere addirittura lasciato alla città.
Il presidente della Regione e assessore alla Cultura Giovanni Toti commenta: "Il sequestro del “Cristo risorto appare alla madre”, attualmente tra le opere in mostra a Palazzo Ducale, è un provvedimento che riguarda la proprietà del quadro e non la sua autenticità. Sia Palazzo Ducale sia i curatori dell’esposizione, con cui abbiamo avuto modo di confrontarci, hanno operato nel pieno rispetto delle regole. Ci auguriamo che su questa vicenda si faccia chiarezza in tempi brevi e che l’opera possa tornare a essere esposta al più presto. Soprattutto auspichiamo che questa indagine non comprometta il prestigio di una mostra importante, che sta avendo un grande successo di pubblico, tanto da essere stata prolungata fino al 5 febbraio”.