GENOVA - Libri senza pagine ma con una bocca per raccontare la loro storia fatta di errori, di pentimenti, di gioie e di riscatti: ieri nel teatro del carcere di Genova dodici detenuti si sono trasformati in libri umani per raccontarsi ai loro "lettori" che di loro, come succede in libreria, conoscevano solo il titolo e la quarta di copertina.
"È un'esperienza che consiglio, dire che è interessante è dire poco" racconta Paola appena uscita dal teatro dopo aver letto il racconto di Gavino intitolato "I 500 metri", una storia che inizia con "piccoli reati commessi un po' per la giovane età, un po' per condizioni familiari sfavorevoli" e che affronta il dramma di "questo mostro grande, la dipendenza dall'alcol che lo impaurisce più di qualunque cosa" e che gli fa avere dubbi sulle sue possibilità di reinserimento nella società. "Non dimenticherò mai Andrea" racconta Elena, che ha appena letto "Il giorno del male". "Mi ha trasmesso un pezzo di vita - spiega -, è quello che fanno i libri viventi. Sono racconti che ti porti dietro, sono esperienze di mezz'ora ma restano".
Il tutto all'interno del carcere, che "è una cosa un po' scomoda e quindi anche se ce l'abbiamo in città non ce lo immaginiamo, non vogliamo pensarci" ammette Elena. "Il carcere è dietro un muro e la città non lo conosce" spiega Ulderico Maggi di Abcittà, che della Biblioteca Vivente curata dalla cooperativa di cui fa parte dice sorridendo che si tratta della "cosa più vecchia del mondo: due persone che si parlano e si conoscono".
"C'è stato un lungo percorso di preparazione dentro il carcere di Marassi con queste persone che hanno scelto di dedicare un episodio della loro vita a diventare l'argomento del proprio libro umano - racconta Maggi -. Alcuni hanno parlato di situazioni recenti dentro il carcere, altri del proprio ingresso o la vita fuori. È anche liberatorio per loro e il lettore arriva, tanti qui non sono mai entrati in un carcere, ed entra in contatto diretto con le persone e la loro storia. Il racconto di sé ha una grande forza e un grande impatto, c'è una forte intensità in questo incontro in un luogo così significativo. La Biblioteca Vivente viene usata in tante situazioni per affrontare tanti altri pregiudizi sociali, verso gli immigrati o le persone che hanno diversi orientamenti sessuali, verso le persone con disabilità. Abbiamo tutti pregiudizi - conclude - anche se a volte non ce ne rendiamo conto".
Tra le lettrici c'era anche Francesca Corso, l'assessore allo sviluppo di Politiche di prevenzione e contrasto dei fenomeni del Disagio e della Solitudine del Comune di Genova, che ha promosso il progetto insieme al Teatro pubblico ligure. "Come Comune di Genova abbiamo sposato la proposta di Abcittà, abbiamo già fatto diverse puntate in altri luoghi ma questa volta ho deciso che ci si spostasse in carcere: a raccontare le storie ci sono dei detenuti e noi lettori abbiamo la possibilità di ascoltare, cosa che non si fa spesso al giorno d'oggi, ed è una bellissima opportunità per la cittadinanza che si replicherà l'8 giugno. Il contesto del carcere non è molto conosciuto e ho voluto proporre questa realtà perché si potesse scoprire".
"Il carcere fa parte della città" dichiara la direttrice Tullia Ardito in una giornata dove gli istituti penitenziari sono stati sotto i riflettori per il flash mob che davanti al tribunale di Genova ha affrontato il dramma dei suicidi in carcere, 31 in Italia nel solo 2024. "Bisogna investire di più sul carcere, nelle risorse, negli psicologi, gli operatori - spiega -. Investire su quello che si può e si deve fare di più. Ci auspichiamo che le risorse per il carcere, il lavoro dei detenuti e quant'altro vengano aumentate". Ardito rivendica l'impegno del carcere di Marassi nel cercare di "mettere in campo sempre più attività e più operatori per andare incontro a tutti, anche i più fragili" e in una giornata come quella dedicata alla Biblioteca Vivente questo impegno sembra aver dato frutti: "Siamo stati molto contenti di partecipare, come i 12 detenuti - racconta -. Per loro è un'esperienza bellissima, incontrano le persone e si sentono parte della città, raccontano della loro vita, delle loro famiglie e della loro voglia di riscatto".