Cinque anni fa in ‘Dolore e gloria’ Pedro Almodovar aveva fatto i conti con i problemi che l'invecchiamento porta con sé. Qui, ne ‘La stanza accanto’, la sua prima opera in lingua inglese, si addentra ancor di più nelle acque torbide dei nostri sentimenti arrivando a confrontarsi con la morte. E se il cinema ha affrontato continuamente questo tema, è raro imbattersi in un dramma che la guardi così da vicino, così dritto negli occhi da farci scontrare con la sua scoraggiante realtà come accade in questo film che ha vinto il Leone d’oro alla Mostra di Venezia.
Una donna decide di stabilire quando morire
Una storia, nella forma, piuttosto semplice, protagoniste due donne non più giovani che se pure legate da un rapporto molto stretto non si vedono da anni: Martha (Tilda Swinton) è un'ex corrispondente di guerra, Ingrid (Julianne Moore) una scrittrice che viene a sapere per caso che l’amica è ricoverata in ospedale a combattere una battaglia contro un cancro ormai incurabile. A un certo punto, Martha decide di prendere il controllo del suo destino stabilendo quando morire. Si procura sul dark web una pillola illegale e convince Ingrid, se pure inizialmente riluttante, ad accompagnarla verso la fine: si trasferiranno in una casa di campagna dove passeranno i giorni necessari affinché si senta pronta a mettere in atto il suo proposito. Martha non sa bene quando si toglierà la vita, spiega all’amica che lascerà la porta della sua camera aperta ogni notte quando dorme. La mattina in cui la troverà chiusa sarà quella in cui se ne è andata.
Combattere una malattia non è una gara tra vincitori e vinti
Almodóvar sa come scavare nelle realtà profonde e spesso inespresse di situazioni estreme e affrontare una patologia terminale è senza dubbio la più complicata di tutte. Qui rifiuta la nozione convenzionale di combattere la malattia come una gara tra vincitori e vinti abbracciando piuttosto l'idea che scegliere di andarsene alle proprie condizioni possa essere considerata una forma di vittoria. Tanto che Tilda Swinton cattura il conflitto interiore e la rassegnazione di Martha con un'intensità composta, riflettendo un paesaggio emotivo sfumato che si sarebbe sicuramente perso con un approccio eccessivamente manierato e sentimentale.
Un melodramma intimo sull'amicizia
Gran parte del lavoro del regista spagnolo ha riguardato aspetti vividi della vita come amore, sesso, desiderio e rimpianto e nei suoi lavori più recenti ha ampiamente riflettuto sulla memoria e il dolore. ‘La stanza accanto’ si inserisce in questa scia proponendosi innanzi tutto come un film sull’amicizia e poi come un viaggio nel fiume di emozioni che accompagna l'impulso a porre fine alla nostra esistenza. Pur non essendo impeccabile e senza offrire risposte, Almodóvar continua a sondare i misteri della vita attraverso un melodramma intimo chiedendoci di guardare alla mortalità ma trovando conforto nella compagnia perché in tutto il film aleggia l'alchimia trasformativa della confidenza e della fratellanza. Il riaccendersi del rapporto tra le due protagoniste è parallelo alla tendenza della vita a riconnettere le anime perdute sulla soglia della morte e questo film, individuando raggi di rassicurazione, ci ricorda che anche nei momenti più cupi l'amore degli altri può rendere più sopportabile ciò che ognuno di noi è costretto a dover affrontare, qualunque cosa sia.