È scontro aperto a Roma, tra i partiti della maggioranza, per il terzo mandato dei presidenti delle Regioni. C'è il "no" della premier Giorgia Meloni, che non ritiene opportuno blindare per più di due mandati i governatori, mentre la Lega si trova, come si suol dire, tra l'incudine e il martello, perché se da una parte vuole dare il suo disco verde, anche per accontentare Luca Zaia, dall'altra vuole evitare di mettersi completamente di traverso alla leader di Fratelli d'Italia.
Questa non è una partita che coinvolge solo il centrodestra ma anche il centrosinistra, con il grande interrogativo sul futuro di Bonaccini (Emilia Romagna), Emiliano (Puglia) e De Luca (Campania). Anche la Liguria, ma soprattutto il presidente Giovanni Toti, restano alla finestra perché sullo sfondo c'è il futuro dell'attuale presidente, che non ha mai negato l'intenzione, almeno sulla carta, di ricandidarsi per il terzo mandato. Già nelle scorse settimane, a Primocanale, era stato lo stesso presidente a sbloccare l'impasse, attivando due studi legali, a Milano e a Roma, per avere conferma di quanto era già nell'aria: è infatti possibile, giuridicamente, il Toti ter, perché la legge nazionale è stata modificata e recepita nella scorsa legislatura (LEGGI QUI).
"Qui da noi non c'è nessun blocco giuridico a un'eventuale terza amministrazione con il mio nome: è esattamente quel che sta avvenendo in Veneto con il governatore Zaia. Qui è possibile, tecnicamente e giuridicamente" ha ribadito il presidente Toti. Esiste poi un altro piano, che è quello politico, sul quale il presidente Toti non nasconde il proprio ottimismo. "Politicamente ho rilevato l'interesse in questo senso di Fratelli d'Italia, Lega e degli alleati della nostra coalizione, ma mancano due anni e se qualcuno ha idee diverse o migliori sono pronto ad ascoltarle, per primo. Per il momento però non ho sentito molto di diverso" chiosa Giovanni Toti.
Insomma, uomo avvisato mezzo salvato. La strada del presidente Toti è tracciata, anche politicamente, soprattutto se gli altri partiti dovessero acconsentire senza mettersi di traverso. Formalmente, infatti, manca solo il parere ufficiale di Forza Italia. Un partito che, in questi anni, non ha nascosto, a sprazzi, il proprio "irritamento" per la fuoriuscita forzista di Toti, per anni delfino di Berlusconi.