GENOVA - "La situazione è preoccupante". Così a Primocanale il professor Matteo Bassetti, direttore del Diar malattie infettive della Liguria, commenta il caso umano di influenza aviaria in Texas dove il virus è stato confermato in un lavoratore del settore lattiero-caseario che ha avuto contatti con bovini infetti. L'uomo come come unico sintomo presentava un'infiammazione agli occhi, è in isolamento e sotto trattamento antivirale. A contagiarlo è stato un ceppo di H5N1 altamente virulento che di recente ha imperversato fra le mucche da latte in 5 stati Usa.
"Ormai il virus dell'aviaria si è riassortito con una pressione virale elevatissima - spiega Bassetti - infatti sta provocando infezioni non solo nei volatili, ma in molti mammiferi, compresa la mucca texana. Quello che ha recentemente infettato il paziente texano è un virus dell’influenza A del sottotipo H5N1 ad alta patogenicità. È il lignaggio che circola dalla fine degli anni ‘90, e che ha infettato milioni di polli, piccioni, anatre, e che è stato trovato negli orsi polari in Alaska e nei pinguini al Polo Sud. Di recente ha provocato focolai in diversi allevamenti di bovini americani - racconta l'infettivologo - e questo significa che sta diventando più bravo ad infettare i mammiferi: ogni volta che fa un giro in una nuova specie accumula mutazioni e aumentano le probabilità che vengano selezionati nuovi ceppi sempre più pericolosi".
"Al momento nell’uomo sono stati registrati solo contagi diretti dagli animali, come nel caso texano in cui parliamo di una persona che lavorava a stretto contatto con le mucche infette. Ma l’arrivo di un ceppo mutato capace di trasmettersi da uomo a uomo è possibile, e anzi sempre più probabile ad ogni nuovo contagio. E se succedesse rischieremmo una nuova pandemia, forse peggiore di quella che abbiamo vissuto con Covid".
"Il virus H5N1 ad oggi non si è trasmesso da uomo ad uomo ma chi può sapere cosa succederà in futuro".
Per il professor Bassetti non serve fare allarmismo ma è fondamentale tenere aggiornati i piani pandemici. "I rischi per l’uomo attualmente sono ritenuti molto bassi, ma senz’altro è importante tenere alta l’attenzione quando l’Oms parla di malattia X si riferisce a questo genere di malattie. Probabilmente proprio il virus dell’aviaria: sono 30 anni che è considerato una minaccia, ed è proprio dalle prime epidemie di aviaria all’inizio dei 2000 che si è iniziato a parlare di piani pandemici. Ora quello che dobbiamo fare è tenerli aggiornati questi piani pandemici, e non fare lo struzzo come in passato, bisogna sia tutto pronto per applicarlo senza rimanere fermi: significa sapere quanti posti letto abbiamo in caso di pandemie; quante terapie intensive?; cosa si fa se la malattia arriva in un allevamento italiano? Come si fanno le quarantene in caso ce ne fosse bisogno? Bisogna saper rispondere a queste domande".
E' la prima volta che un'influenza aviaria altamente patogena viene identificata nei bovini da latte negli Usa, ha spiegato l'American Veterinary Medical Association. Un elemento che, insieme alla trasmissione che corre da mucca a mucca, rappresenta per gli esperti un cambiamento preoccupante.