GENOVA - La Corte Costituzionale ha chiesto al Parlamento italiano di muoversi per realizzare una legge che regolamenti il fine vita: tra coloro che hanno raccolto la richiesta della consulta c'è il senatore del Partito Democratico Alfredo Bazoli, che già nella scorsa legislatura aveva presentato un disegno di legge frenato però dalla caduta del Governo Draghi, disegno che verrà riproposto nuovamente alle Camere.
Nel frattempo in molte regioni è stato realizzato un disegno di legge che consentirebbe di dare tempi certi ai malati. Ad oggi infatti la richiesta di accedere al suicidio medicalmente assistito deve passare al vaglio di una commissione medica ed un comitato etico ma non sono state stabilite tempistiche: in alcuni casi ci sono voluti anche due anni. La proposta di legge regionale chiede che i casi vengano analizzati in 20 giorni.
Alfredo Bazoli, innanzitutto lei è l'estensore della legge nazionale che che riguarda il fine vita. Qual è la differenza rispetto alle leggi regionali che sono state promosse dall'Associazione Luca Coscioni, che cosa comporta questa legge nazionale?
La legge nazionale è una legge che io ho ripresentato al Senato dopo che questo stesso testo venne approvato in prima lettura alla Camera nella scorsa legislatura. Io ero alla Camera ed ero relatore di questo testo di legge, che venne approvato in prima lettura dopo una lunghissima istruttoria che durò due anni-due anni e mezzo, quindi frutto di una lunghissima discussione in Commissione, poi approdò in Aula e venne approvata appunto dalla Camera.
Non riuscì ad essere approvata al Senato per la prematura caduta della legislatura e io ho riproposto lo stesso testo approvato alla Camera perché è un testo che io considero equilibrato, figlio di una lunghissima discussione, di un lunghissimo confronto, ed è un testo che cerca di dare una risposta e una disciplina accurata alle disposizioni che sono contenute nella sentenza la Corte Costituzionale che ha di fatto introdotto nel nostro ordinamento l'aiuto al suicidio, perché è quella famosa sentenza del caso di dj Fabo. La sentenza ha considerato che in certi casi il reato di aiuto al suicidio, oggi previsto all'articolo 580 del Codice penale, non sia punibile e quindi che sia lecito aiutare taluno a togliersi la vita appunto in alcuni determinati casi. La Corte costituzionale l'ha detto così, quindi di fatto oggi non è più illecito aiutare qualcuno a suicidarsi in certi determinati casi molto rigorosamente individuati. E tuttavia la mancanza di una legge nazionale rende l'applicazione di questa facoltà molto complicata molto difficile. Ogni Asl o Ats si muove su un terreno sconosciuto, manca una cornice normativa chiara e quindi io penso che sia necessario intervenire con una legge nazionale anche per evitare che gli interventi delle singole regioni poi portino a venti legislazioni diverse. Che su un campo così importante e delicato come quello della tutela della vita, del suicidio assistito, non tollera diciamo differenze di trattamento.
Le Regioni avendo competenza in sanità stanno preparando delle leggi soprattutto per quanto riguarda i tempi di erogazione del servizio, per esempio la legge ligure dà un limite di venti giorni al sistema sanitario per prendere in carico e analizzare il caso del paziente. Con la legge nazionale invece che cosa si vuole andare a fare? Ci sarà un intervento anche su su altre dinamiche oltre i tempi? Per esempio anche per quanto riguarda magari i criteri individuati dalla Corte costituzionale, penso a quello legato ai sistemi di supporto vitale su cui peraltro la Corte si pronuncerà a giugno.
La mia proposta di legge riprende esattamente le condizioni della Corte. Occorre che la persona che chiede di essere aiutata a morire attraverso il suicidio, quindi un atto autonomo - non stiamo parlando di eutanasia ma di suicidio assistito quindi un atto autonomo della persona che si toglie la vita aiutata da qualcun altro -, quella persona deve trovarsi in particolari condizioni. Quindi con una patologia irreversibile e fonte di sofferenze che vengono considerate intollerabili e la persona deve essere del tutto capace di intendere e di volere, capace di prendere decisioni libere e consapevoli. Quindi diciamo occorre anche verificare che non sia condizionata in questa sua decisione da fattori esterni ma deve essere assolutamente libera nella sua decisione.
Deve essere anche tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale perché questa è una delle condizioni che ha posto la Corte Costituzionale, che è una condizione mi rendo conto che limita diciamo l'accesso, la platea delle persone che possono accedere all'aiuto al suicidio e che la Corte però ha ritenuto importante mettere per circoscrivere questa platea alle persone che si trovano in una condizione di maggiore difficoltà e gravità, quindi alle malattie più gravi, le malattie quelle appunto che portano addirittura a un sostegno vitale. E in più noi abbiamo aggiunto, anche qui però prendendo diciamo la sostanza della decisione della Corte costituzionale, che
la persona deve avere avuto accesso alla possibilità di essere trattata dalle cure palliative, perché le cure palliative lo sappiamo, molto spesso sono cure che possono portare a una riduzione della condizione del carico di sofferenza e quindi anche a un ripensamento di una scelta come la decisione di togliersi la vita che magari è indotta da sofferenze che possono essere alleviate.
Quindi si è delineato un insieme di criteri e di condizioni che vanno rigorosamente verificati attraverso prima il medico che ha in cura il paziente insieme al medico specialista che deve attestare la gravità della malattia, della patologia e la condizione in cui si trova la persona; poi la verifica di un comitato per la valutazione clinica che deve accertare tutte queste condizioni e solo all'esito di questo percorso, che è un percorso che deve essere fatto in maniera molto rigorosa perché noi dobbiamo evitare che chieda di essere aiutata a suicidarsi una persona che magari invece se aiutata adeguatamente anche attraverso cure palliative, attraverso un sostegno anche di altra natura, una presenza di persone o la fine di una solitudine nella quale si trova a vivere la sua sofferenza, si possa quindi evitare che queste persone possano essere indotte appunto a suicidarsi per la mancanza di una solidarietà, che il primo dovere di uno Stato nei confronti di una persona che soffre.
Quindi queste condizioni sono condizioni molto nette, molto chiare, molto rigorose e vanno verificate con grande rigore per evitare il rischio che i pazienti finiscano nella rete della seduzione della 'morte dolce' pur essendo persone che invece devono e possono essere aiutate a vivere. E però appunto è un procedimento rigoroso, chiaro e limpido che poi consente invece alle persone che hanno avuto tutto il sostegno possibile, tutto l'aiuto possibile, tutte le cure palliative oggi disponibili e sono libere e consapevoli di poter accedere a un aiuto a togliersi la vita se in condizioni ormai non più diversamente gestibili. Così come ha stabilito la Corte Costituzionale, che ha detto che in certe condizioni non è tollerabile per un Paese civile punire chi aiuta taluno a togliersi la vita.
Parlando delle condizioni espresse dalla Corte Filomena Gallo per esempio ha detto che in questo momento creano alcune discriminazioni, per esempio per quei pazienti che rispettano tutte le condizioni ma non possono auto somministrarsi i farmaci per cui si arriva a delle condizioni simili a quelle dell'eutanasia, che però appunto nel nostro Paese non è assolutamente normata (LEGGI QUI). Dall'altro lato ci sono alcune associazioni, cosiddetti diciamo pro-vita come il Family Day, che temono un cosiddetto piano inclinato, cioè che aprendo a questa legge si possa poi andare a valanga. È una normativa rigida che resterà così o si potrà aprire ad altri campi? Qual è il futuro poi di questa legge?
Legge suicidio assistito in Liguria, Family Day: "Può portare a un'escalation" - L'INTERVISTA
Allora intanto sulla questione che ha sollevato Filomena Gallo sulle condizioni per accedere alla all'aiuto al suicidio io penso che i casi nei quali una persona immobilizzata dalla malattia non sia in grado di azionare autonomamente un dispositivo per togliersi la vita siano casi veramente rari, perché oggi anche solo con il movimento degli occhi è possibile azionare qualunque meccanismo per cui si sta parlando veramente di casi residuali, per i quali penso che la nostra legge abbia ammesso che comunque a tutti deve essere garantito anche attraverso macchinari dispositivi ad hoc di togliersi la vita in quelle condizioni, anche di persone che si trovano immobilizzate. È un tema che la scienza è in grado di risolvere ecco, non occorre secondo me varcare quella soglia dell'eutanasia e cioè del somministrare la morte che noi non abbiamo varcato e che la Corte Costituzionale non ha varcato. Perché c'è una differenza molto netta e molto chiara tra aiutare qualcuno a togliersi la vita, che è suicidio assistito, e togliere la vita a qualcuno che lo chiede, che è l'eutanasia. C'è differenza etica, morale e noi siamo stati al di qua di quel varco
Anche una differenza normativa perché l'eutanasia rientra nel caso dell'omicidio del consenziente
Esatto, articolo 579 diverso dal 580 del Codice penale ovvero l'aiuto al suicidio. Punito molto più severamente il 579, l'omicidio del consenziente, perché lì si varca una soglia molto pericolosa perché si mette a repentaglio un po' la tutela del bene vita che invece è un cardine del nostro ordinamento democratico, quindi penso che possiamo stare al di qua, quindi consentire un diritto al suicidio anche per le persone fortemente invalidate da una condizione clinica disastrosa che impedisce loro qualunque movimento e io penso che già oggi sia possibile attraverso appunto strumenti macchinari appositi azionare dispositivi.
Per quanto riguarda il piano inclinato io replico alle obiezioni dicendo che qualunque opinione si voglia dare del suicidio assistito sul piano etico non si può non partire da una constatazione di fatto, e cioè che
il suicidio assistito è già oggi nel nostro ordinamento. Tant'è vero che ci sono persone che hanno chiesto di essere a morire alle Asl, agli ATS, alle aziende sanitarie locali e hanno già ottenuto anche di essere accompagnate in questo percorso ed essere aiutate a morire.
Questo perché c'è questa sentenza della Corte costituzionale e guardate che l'Italia non è un unicum. In Germania e in Austria, due Paesi profondamente permeati anche anch'essi di cultura cattolica, con grande attenzione alla tutela della vita - doverosa dal mio punto di vista - anche lì le Corti costituzionali hanno introdotto il suicidio assistito. Anche lì sono intervenute per dire attenzione, dobbiamo bilanciare in maniera corretta e adeguata la necessaria tutela della vita, che è un principio cardine che non può essere mai derogato, la tutela della vita in qualunque forma quindi anche della vita considerata meno di qualità.
Abbiamo visto che c'è qualcuno perfino chi dice che i disabili (il generale Roberto Vannacci, ndr), forse perché hanno una qualità della vita inferiore agli altri, devono essere messi in classi separate. No! La nostra Costituzione impedisce questo, non si fa distinzione tra la vita:
qualunque vita, anche la vita più sofferente va tutelata sempre e comunque. Ma, dicono le Corti costituzionali, questo principio doveroso e sacrosanto va bilanciato con un altro principio che non può essere eluso dalle democrazie moderne che è il principio della autodeterminazione, che è un principio di libertà,
un principio liberale che va bilanciato con quell'altro principio. E noi non siamo né uno Stato paternalista in cui è lo Stato che decide per te qualunque cosa, né siamo uno Stato improntato a un principio di liberalismo assoluto in cui ognuno decide per sé e se ne frega delle conseguenze delle proprie decisioni sugli altri.
Non siamo né questo né quest'altra cosa. La Costituzione si fonda sul principio personalista, che è un principio molto bello secondo me e molto cattolico tra l'altro. Un principio personalista per cui conta la persona. Questo principio personalista è un principio che secondo me riguarda anche le decisioni come queste sul fine vita. Per cui bisogna arrivare a questo bilanciamento, né paternalismo né individualismo sfrenato ma un giusto equilibrio tra la necessità di tutelare la vita e la necessità di tutelare l'autodeterminazione che comporta la scelta della propria dignità nel morire. Questo è quello che si cerca di fare e questo è quello che secondo me abbiamo cercato di fare con il mio testo di legge.
Per quanto riguarda la libertà del medico esiste l'obiezione di coscienza? Come si può inserire in questo contesto?
Noi abbiamo previsto nel nostro testo di legge il diritto all'obiezione di coscienza da parte del medico. Tra l'altro ricordo che questa richiesta venne fatta dalle allora opposizioni, il centrodestra allora era l'opposizione, ci chiese di mettere l'obiezione di coscienza e noi l'abbiamo messa nel testo di legge perché ovviamente si tratta di un diritto dei medici che se non si sentono di partecipare a un processo che porta inevitabilmente al suicidio, quindi alla morte del paziente, e sentono questo percorso come un percorso in qualche modo in contrasto con la propria deontologia devono essere messi al riparo da qualunque conseguenza sul piano della responsabilità professionale. Quindi c'è un diritto all'obiezione di coscienza. Ma ripeto, per concludere sui rischi di piano inclinato.
Dobbiamo decidere se vogliamo, tenuto conto del fatto che il suicidio assistito oggi è già possibile ma non è normato, dobbiamo decidere se vogliamo normare, disciplinare rigorosamente e adeguatamente questa facoltà che oggi è già riconosciuta dall'ordinamento giuridico, cioè la facoltà di chiedere di essere aiutati a morire in certe condizioni, oppure se preferiamo in nome del rischio di una deriva possibile futura che rimanga l'attuale Far West, per cui ogni azienda sanitaria locale, ogni Ats, ogni giudice al quale si rivolge un paziente decide per conto proprio, creando una enorme disparità di trattamento.
Oppure se invece riteniamo opportuno, partendo dalla considerazione che il suicidio assistito già c'è nell'ordinamento giuridico, se ritiene opportuno regolamentarlo in maniera adeguata e rigorosa anche per evitare quei rischi che vengono paventati, cioè quei rischi che nell'assenza di una regola generale poi passino anche interpretazioni 'lasche' che poi fanno passare diciamo dalla sentenza alla Corte Costituzionale anche magari condizioni, patologie, situazioni che meriterebbero invece di essere affrontate diversamente che non attraverso l'aiuto al suicidio. Io penso che una legge da questo punto di vista garantisce molto di più a quelli che hanno paura del rischio di questo piano inclinato di una deriva verso altre forme più gravi diciamo di attentato alla vita.
LA SITUAZIONE DELLA LEGGE NAZIONALE
Sulla necessità di una legge nazionale si è scatenato un grande dibattito anche in Liguria. Il giurista Vladimiro Zagrebelsky (LEGGI QUI) ha spiegato come una legge nazionale sul fine vita ci sia già ed è la sentenza della Corte Costituzionale sul caso che ha riguardato il suicidio medicalmente assisto di Dj Fabo, Fabiano Antoniani, accompagnato in Svizzera dall'attivista politico Marco Cappato.
Reportage di Primocanale sul fine vita, l'intervista a Marco Cappato - GUARDA QUI
La segretaria nazionale dell'associazione Luca Coscioni Filomena Gallo ha spiegato che la Corte Costituzionale "invita il legislatore ad intervenire per eliminare tutte quelle discriminazioni che ancora ci sono sul tema del fine vita come quelle legate all'interpretazione del requisito di sostegno vitale: a Trieste l'assistenza continua ad una persona è stata valutata come sostegno vitale, in Umbria no per Laura Santi e per questo la Corte il prossimo giugno è chiamata a pronunciarsi su come debba essere interpretato questo requisito".
IL COMMENTO
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