GENOVA - Anche la sezione genovese dell'Unione dei Giuristi Cattolici è voluta intervenire nel dibattito lanciato da Primocanale sul fine vita. Il destino della proposta di legge ligure però è legato alla tenuta della Giunta regionale, messa in dubbio dalla maxi inchiesta che ha travolto la nostra regione a partire dal presidente Toti, ora agli arresti domiciliari.
Alcuni esponenti dell'associazione sono stati auditi oggi alle 14 nella commissione regionale per la Salute e Sicurezza sociale: abbiamo parlato con l'avvocato Luigi Vinelli, membro del direttivo della sezione genovese, che ci ha anticipato i temi che verranno affrontati.
Suicidio assistito, al via l'iter per la legge in Liguria - LA SPIEGAZIONE DELLA LEGGE
Innanzitutto, come mai volete intervenire nel nostro dibattito sul sul fine vita?
In quanto associazione giuridica riteniamo di poter dare un contributo perché non è da poco, sono anni che approfondiamo con convegni e con ricerche tutto il problema del fine vita, dell'eutanasia. Abbiamo fatto nel 2019 un bellissimo convegno al palazzo della Prefettura e poi ne abbiamo fatti molti altri. Riteniamo che in questo momento sia doveroso un confronto chiaro, aperto, in cui siano ascoltate tutte le voci. Con una premessa: quando si parla di fine vita bisogna sempre avere un grande rispetto e entrare proprio in punta di piedi perché ci troviamo di fronte a scelte comunque molto intime, molto dolorose e che hanno a che fare con la sofferenza, sia fisica sia morale delle persone. È quindi difficile coniugare quello che è l'atto teorico e giuridico con poi l'aspetto veramente personale e spesso drammatico di certe vicende.
Quale sarà il vostro contributo a questa discussione? Qual è la vostra posizione? Quali sono anzi le osservazioni che vorrete portare in commissione?
Le osservazioni saranno divise diciamo sotto due aspetti giuridici: i primi sono quelli della non competenza regionale in merito a questo argomento e la non diretta applicabilità della sentenza della Corte costituzionale in ambito regionale. Questo soprattutto per due motivi: il primo perché la medesima sentenza, che ricordiamolo non parla di diritto al suicidio ma parla di un'area di non punibilità rispetta l'articolo 580 del Codice penale che regola il suicidio assistito quindi di questo parliamo nella sentenza della Corte costituzionale la Corte che è giudice delle leggi e non legislatore, dice chiaramente in più punti e invita caldamente il legislatore nazionale a provvedere, quindi chiaramente non si parla di competenza attuativa della Regione. Il secondo aspetto che ne deriva è che senza un'indicazione del legislatore nazionale si ha il rischio che ogni Regione, attuando con una propria legge la sentenza, porti ad una differenziazione a livello regionale per cui ci sarebbero differenti modalità di attuazione su un argomento così importante da regione a regione. Quindi ci potrebbe essere una Regione che facilita di più questo aspetto e una più severa e quindi anche uno spostamento paradossalmente da regione a regione per per queste tristi vicende.
Due osservazioni su quello che ha detto: la prima è che la legge regionale comunque non andrebbe ad intervenire sul Regolamento proposto dalla Corte ma sulle tempistiche, si andrebbe quindi ad intervenire sull'erogazione del servizio sanitario che è effettivamente competenza regionale riguardo alla sanità; la seconda è che comunque anche adesso l'applicazione della sentenza della Corte è discrezionale e di fatto varia da territorio a territorio, quindi comunque una confusione c'è. Perché di fronte a questa confusione voi non vedete bisogno di una legge, anzi, pensate che una legge possa creare ulteriori problemi?
Noi lo abbiamo ribadito in precedenza e lo ribadiremo in Commissione: riteniamo che non ci sia questa competenza diretta della Regione ad attuare la sentenza, perché la sentenza parla molto chiaro. Inoltre, la proposta di legge di cui si discute va oltre l'aspetto meramente attuativo, ammesso che si voglia ammettere, ma ha un proposito diciamo così molto più ampio perché viene da associazioni (Associazione Luca Coscioni, ndr) che, con tutto il rispetto delle loro idee, propugnano l'eutanasia da molto tempo. Si dice chiaramente in questa legge che il diritto all'eutanasia sarebbe un diritto incomprimibile
Il suicidio medicalmente assistito, non all'eutanasia
Al suicidio medicalmente assistito (si corregge, ndr), però in un articolo della proposta di legge si dice chiaramente, quindi l'intento della proposta di legge sarebbe molto più ampio che una mera attuazione della sentenza della Corte. È vero invece che non c'è una disciplina uniforme però, ripetiamo, la Corte costituzionale dice che questa disciplina uniforme la deve dare il legislatore nazionale, a tutela di tutti.
In attesa di una pronuncia del Governo, di una legge nazionale, quello che dice la Corte costituzionale è legge e la Corte sancisce un principio: di fatto ad oggi in Italia è possibile sospendere le proprie terapie di cura e arrivare quindi ad una morte lenta, attraverso magari ad alcuni giorni di di sofferenze di dolore, e quindi si ritiene più dignitoso per il paziente poter accedere ad un suicidio medicalmente assistito in modo da abbreviare questo questo periodo di sofferenze e da morire in maniera più sicura, più dignitosa e meno dolorosa. Quali sono le vostre considerazioni attorno a questo principio delineato dalla Corte?
Su questo aspetto andiamo anche oltre forse l'aspetto giuridico però è qualcosa che va detto. Quando si parla di dignità della persona dicendo che per tutelarne la dignità questa persona ha diritto di accedere al suicidio assistito noi vediamo un altro grosso contraltare. Ripeto, veramente con tutto il rispetto e la solidarietà umana verso la sofferenza delle persone. Però va detta una cosa importante: che a fronte delle delle richieste di queste persone non deve, non può passare un principio che è il contraltare di questa affermazione, perché se si dice che per tutelare la dignità delle persone va garantito il suicidio assistito non può passare il rovescio della medaglia ovvero che le persone ammalate gravemente, anziane, siano persone con una minor dignità. Questa è una cosa che non può assolutamente passare in questo momento. Diciamo che, mi spiace doverlo dire, ma ci sono carenze anche in Liguria sull'assistenza anche per malattie gravi, malati oncologici e le cure palliative. Sappiamo che se ne parla ma le Regioni non allocano le risorse necessarie, quindi è molto facile che persone ammalate, persone sofferenti si trovino abbandonate. Io ho sentito la vostra trasmissione e sono rimasto molto colpito da quello che ha detto il professor Franco Henriquet (fondatore e presidente dell'associazione Gigi Ghirotti che da quarant'anni si occupa di cure palliative, ndr), che io credo abbia veramente tanta esperienza, quando ha detto 'non cerchiamo una scorciatoia e non abbandoniamo queste persone, che molto spesso sono persone sofferenti ma sofferenti moralmente perché si sentono abbandonate e non possono sentirsi un peso per la società e la famiglia'. Non può passare questo concetto.
IL DIBATTITO SUL FINE VITA AL PROGRAMMA POLITICO DI PRIMOCANALE: RIGUARDA LA DIRETTA
Ha parlato di di cure palliative: in Italia una legge sulle cure palliative c'è e dicono anche un'ottima legge però appunto c'è un problema di applicabilità. Lei come come giurista innanzitutto che cosa pensa di di questa legge e le chiedo se ce ne può parlare perché è un argomento di cui si parla poco.
La legge va bene, si può sempre far meglio ma è una legge che sicuramente può andare bene. Il grosso problema è un problema politico, cioè è un problema di allocazione di risorse. Perché, è brutto dirlo, è parte giuridica anche il bilancio: quando bisogna far quadrare il bilancio che sia dello Stato o che sia delle Regioni noi sappiamo che si fanno delle scelte e purtroppo, una notizia che non è di oggi e veramente copre tutto l'arco costituzionale perché è successo in tutte le Regioni e con tutti i Governi che ci sono stati, i tagli principali vanno spesso sulla sanità. Quindi questo senza nessuna connotazione politica, perché tristemente è qualcosa che è da 10 o 15 anni che accade indipendentemente dal colore politico. E quindi il fatto che le risorse non ci siano rende inattuabile e inapplicabile anche una buona legge.
Rimaniamo sul sul giuridico in particolare della sentenza 242 del 2019, la Antoniani-Cappato, viene contestato un punto che viene definito diciamo troppo ampio, troppo discrezionale, che è quello dei meccanismi di supporto vitale. Ci dovrebbe essere una pronuncia della Corte costituzionale a giugno: qual è il vostro pensiero su questo tema, è chiaro che voi siete contrari alla pratica del suicidio medicalmente assistito quindi immagino che per voi magari non ci sia un supporto vitale per cui si può consentire di accedere a questa pratica però le chiedo se temete un allargamento e il famoso piano inclinato.
La prima cosa, e qui confesso di essere ignorante in materia, bisogna sempre stare attenti perché sono diciamo argomenti medici molto tecnici e io, sono sincero, se vi dicessi che li conosco approfonditamente non sarei serio, non sarei onesto. Sicuramente non è così chiaro caso per caso dove finisca l'accanimento terapeutico e dove inizi diciamo invece quello che potrebbe essere un interruzione volontaria, quindi su questo aspetto sentiremo cosa dice la Corte e avremo avuto sicuramente molto rispetto. Anche qui forse sono riteniamo siano comunque argomenti che vadano discussi in Parlamento. Sì, temiamo il piano inclinato perché già nella sentenza della Corte, nonostante tutte le tutele, si ravvisano alcuni motivi di preoccupazione. È vero che come dicevano i romani 'summum ius, summa iniuria', cioè grande il diritto però poi grande l'ingiustizia nell'applicazione nella vita reale. Si dice "la persona deve scegliere liberamente in piena consapevolezza" e abbiamo però due aspetti: una persona gravemente ammalata, sottoposta a cure anche pesanti magari in condizioni in cui si sente abbandonata dalla famiglia, dallo Stato, può effettuare una scelta veramente libera? E qui lo Stato ha un dovere di solidarietà sociale ma non solo le istituzioni, anche la società civile. L'altro aspetto è: il passo successivo sarà sicuramente che, dove la persona non è più in grado di scegliere, sceglie un ente esterno che può essere un giudice o una commissione medica, questo sappiamo che all'estero succede. E qui sinceramente il piano inclinato apre dei risvolti che a nostro avviso sono preoccupanti, su cui è necessario andare oltre i singoli casi ma guardare alla generalità del problema.