Sanità

L'ex giudice della Corte europea dei diritti dell'uomo ha spiegato che la modifica della Corte all'articolo 580 del Codice Penale ha valore di legge e che sbaglia chi dice che non ce n'è una
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GENOVA - "Non c’è la mancanza di una legge nazionale: la legge nazionale è l’articolo 580 del Codice Penale su cui è intervenuta la Corte Costituzionale. Dopodiché, per esempio in materia di cure palliative, potrebbe intervenire una legge nazionale che sarebbe benvenuta rispetto a quella che c’è già". Lo ha detto l'ex giudice della Corte europea dei diritti dell'uomo Vladimiro Zagrebelsky a margine della lectio magistralis organizzata all'auditorium del teatro Carlo Felice da Linea Condivisa sul fine vita dopo l'inizio del percorso di legge in Regione Liguria con le prime audizioni nella commissione Sanità. "Quando la Corte Costituzionale giudica un articolo di legge come è stato in quel caso, quell’articolo è in vigore così come è stato integrato dalla Corte - chiarisce Zagrebelsky -. Non c’è una mancanza di legge, c’è una legge ovviamente discutibile che può essere integrata e modificata ma la legge c’è".

Secondo Zagrebelsky "è un bene che la Liguria voglia intervenire in materia a livello regionale e questo progetto di legge ha il vantaggio di dare anche agli uffici regionali, anche al servizio sanitario delle certezze su tempi e procedure". E proprio i tempi sono la chiave della proposta presentata dall'associazione Luca Coscioni in varie regioni italiane, che in Liguria ha visto come promotore e primo firmatario il capogruppo di Linea Condivisa Gianni Pastorino: con la proposta di legge si chiede che il servizio sanitario prenda in carico la domanda di coloro che richiedono di accedere al suicidio medicalmente assistito entro venti giorni dalla richiesta. La sentenza della Corte, che si espresse nel processo a carico di Marco Cappato che accompagnò in Svizzera Fabiano Antoniani, dj Fabo, per accedere a questo diritto non chiarisce infatti i tempi e le modalità con cui va soddisfatta la richiesta del paziente ma i quattro requisiti necessari perché ad un malato venga concesso di accedere al suicidio medicalmente assistito - si deve essere lucidi e consapevoli, affetti da una patologia irreversibile che provochi una sofferenza insopportabile e tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale - e che il caso va analizzato da una commissione medica e da un comitato etico.

L'avvocata cassazionista e presidente dell'associazione Luca Coscioni Filomena Gallo ha precisato che queste commissioni ed equipe non comporterebbero costi aggiuntivi per il sistema sanitario, "le aziende sanitarie hanno già equipe multidisciplinari che effettuano verifiche e possono essere utilizzate anche per questi casi". "Sicuramente c'è speranza in un avanzamento di questo iter di una proposta regionale - spiega -. In commissione si è parlato di come questa legge preveda un aiuto alle aziende sanitarie nell'organizzazione ed erogazione di alcuni servizi, ovvero la verifica delle condizioni del malato. In questi anni abbiamo visto malati attendere fino a due anni per una risposta, noi chiediamo che venga data entro 20 giorni. La proposta di legge regionale non aggiunge nient'altro rispetto a ciò che è stato stabilito dalla Corte".

In questa legge è presente una sorta di "clausola rescissoria" spiega Gallo, per cui nel momento in cui dovesse essere promulgata una legge nazionale decadrebbe quella regionale. "Dire no a questa legge significa dire no ai malati che scelgono di scegliere e girarsi dall'altra parte rispetto alla loro sofferenza". In particolare Gallo, come Zagrebelsky, sottolinea che la sentenza della Corte ha sì valore di legge ma che la Corte stessa "invita il legislatore ad intervenire per eliminare tutte quelle discriminazioni che ancora ci sono sul tema del fine vita come quelle legate ai malati che hanno tutti i requisiti ma non hanno la possibilità di autosomministrarsi il farmaco perché immobili: qui subentrerebbe l'eutanasia e questo ancora costituisce reato nel nostro Paese. Poi l'interpretazione del requisito di sostegno vitale: a Trieste l'assistenza continua ad una persona è stata valutata come sostegno vitale, in Umbria no per Laura Santi e per questo la Corte il prossimo giugno è chiamata a pronunciarsi su come debba essere interpretato questo requisito".

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"Questa legge non serve per creare nuovi diritti ma per attuare diritti già esistenti sulla carta, quindi per definire tempi e procedure certe e dare attuazione ai principi espressi dalla Corte Costituzionale con la sentenza 242 del 2019, la Antoniani-Cappato" spiega l'avvocato Roberto D'Andrea, che insieme a Zagrebelsky e Gallo ha partecipato sia alla commissione che alla lectio magistralis. Secondo D'Andrea "in tutte le regioni c'è necessità di una legge sul fine vita e sarebbe auspicabile che ci fosse una legge del Parlamento sul piano nazionale. In assenza di questa legge è un bene che le regioni si dotino di questo strumento".

Un'eventuale legge ligure non rischierebbe un ricorso al Tar da parte del Governo come quello avvenuto in Emilia Romagna, dove non è stata promulgata una legge ma c'è stata una delibera di giunta. Contro la legge si potrebbe fare ricorso solo alla Corte Costituzionale per quanto riguarda il difetto di competenza, ovvero stabilire se la regione possa o meno legiferare su questa materia.

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