Se qualcuno, tra i giocatori dello Spezia, si è sentito fuori dalla lotta salvezza, magari già festeggiata in anticipo qualche settimana fa, la sconfitta con l’Atalanta, ma anche le precedenti con Lazio, Torino e Inter in ordine inverso, ha prodotto un profondo bagno d’umiltà.
Quattro gare senza punti, del resto, sono troppe anche nel degradato contesto della serie A contemporanea perché nelle ultime giornate avviene di tutto: vittorie impensabili, filotti incredibili, resurrezioni del tipo “alzati e cammina”. Ecco perché quella maledetta quota 33, alla quale lo Spezia si è inchiodato un mese fa esatto, pareggiando al Castellani di Empoli, potrebbe non bastare per cantare vittoria.
Anche perché se qualcuno volesse credere ai complotti, uno dei quali magari ordito ai danni di una piccola società con poco blasone in serie A, le partite con Lazio e Atalanta hanno dato spazio a un’ampia letteratura di genere. Con i biancocelesti di Lotito il furto è stato clamoroso, con l’Atalanta di Gasperini anche. Muriel andava espulso per fallo di reazione e il calcio di punizione da cui è nato il gol dell’1-2 è stato un parto della fantasia dell’arbitro Maresca. Sono fatti inoppugnabili, basta guardare le immagini.
Ma lo Spezia deve fare anche mea culpa perché non ha perso 4 partite in fila solo perché gli arbitri sono scarsi: è capitato anche per avere inforcato le ciabatte a Torino e avere mostrato, anche ieri, tutti i limiti caratteriali di una squadra di ragazzini.
Ora restano due partite, Udine e il Picco contro il Napoli per fare almeno un punto, che è tutto quello che può ragionevolmente servire per giocare anche l’anno prossimo in serie A. Poi i famosi 33 potrebbero anche bastare ma, per quanto lo Spezia non possa permettersi di fare lo schifiltoso, sarebbe davvero una salvezza costruita più sulle miserie altrui che sulle glorie proprie. E questo non è mai bello.