Esprimo forte apprezzamento per la lettera che i lavoratori di Sestri hanno indirizzato al Governo. Questa iniziativa, oltre a denotare una volta ancora il senso di reponsabilità e la pragmaticità dei nostri lavoratori, mi spinge a ribadire alcuni concetti fondamentali con l'auspicio che possano servire a sgombrare il campo da equivoci e a confortare chi in questo momento teme di veder ridimensionata la propria attività. La posizione dell'azienda e del sottoscritto è sempre stata questa: non chiudere alcun cantiere e quindi neanche Sestri, dove per anni sono state costruite navi anche nelle condizioni più disagiate, navi che abbiamo acquisito con molta fatica sul mercato.
Ma dobbiamo tenere conto che la crisi che ormai ci accompagna da anni e che ha colpito in modo particolarmente virulento la cantieristica mondiale, ci ha spinto e ci deve ancora di più spingere ad accrescere i livelli di produttività e di efficienza, senza peraltro dimenticare la riduzione notevole dei volumi rispetto al passato. Al fine di fronteggiare tale quadro di crisi, come tutti sapete l'azienda si è mossa fin dal 2008 - allorchè era in discussione il contratto integrativo - quando aveva chiaramente illustrato la necessità di massicci ricorsi alla cassa integrazione che in quel momento veniva considerata congiunturale.
L'evolvere della crisi in senso strutturale ha indotto l'azienda nella prima metà del 2011 ad aprire un confronto con il sindacato, preceduto da una serie di incontri a tutti i livelli, sindacali e istuzionali, al fine di gestire al meglio e per tempo la nuova situazione. Fu ribadito in quell'occasione come ci fosse intenzione di non procedere a chiusure di siti e di non lasciare per strada nessuno, ma di dover affrontare la riduzione dei carichi di lavoro ricorrendo agli ammortizzatori sociali previsti dalla legge ed avviando un adeguamento dei siti che denotavano e denotano minor efficienza infrastrutturale.
Le vicende di quel periodo sono note a tutti e ci costringono oggi a correre contro il tempo e contro i cambiamenti delle leggi nel frattempo intervenuti, per cercare di far acquisire ai nostri lavoratori gli ammortizzatori sociali nelle condizioni più favorevoli.
Alla vigilia di un incontro importante presso il ministero del Lavoro, azienda e sindacati dovrebbero essere tutti uniti, per chiedere la possibilita' di utilizzare gli strumenti previsti dalle vecchie leggi, eppure registriamo ancora qualche distinguo, come se non fosse nell'interesse di tutti lottare per condizioni di miglior favore per quei nostri lavoratori che più di altri dovranno subire sacrifici.
Peraltro, al fine di non disperdere i preziosi patrimoni professionali che contraddistinguono la maggior parte dei nostri lavoratori e per fronteggiare almeno parzialmente la caduta della domanda, abbiamo elaborato, senza l'aiuto di nessuno, una serie di soluzioni innovative, che certamente non hanno gli stessi volumi di lavoro delle navi, ma rappresentano tuttavia quanto di più avanzato al mondo esiste per gli impieghi a cui sono destinate.
Dagli impianti navalizzati per lo smaltimento e la conversione energetica dei rifiuti, al nuovo progetto Permare per il trattamento dei fanghi derivanti dai dragaggi portuali e dai depuratori, dalle carceri galleggianti alle produzioni offshore, abbiamo già messo a punto, e altrettanto faremo nei prossimi mesi, quei prodotti che, come richiamato nella vostra lettera, sono utili, anzi quasi indispensabili al Paese e consentono nel frattempo di limitare gli impatti sociali per la cantieristica.
Come sapete ho chiesto sempre uno sforzo corale e una coesione come elemento indispensabile per affrontare la crisi e preservare la nostra azienda nel futuro. Non per allarmismo, ma è ancora di questi giorni la notizia di massicce cancellazioni di ordini in Cina e Corea, fatto che potrebbe aumentare, dopo il Giappone, il numero dei nostri competitori.
In questa prospettiva penso che sia un danno gravissimo non ricercare le ragioni di come portare avanti insieme il nostro lavoro, piuttosto che seguire degli stereotipi che rischiano solo di aggravare la situazione.
Se al momento gli armatori non ordinano nuove navi, non le possiamo inventare, ma lo sforzo che abbiamo fatto per inventare nuovi prodotti dovrebbe spingerci a farli accogliere con la determinazione e la volontà che intravedo nella vostra lettera e con la passione e l'entusiasmo che da sempre ci accompagnano e contraddistinguono.
Il sindaco di Genova, in un incontro al ministero dello Sviluppo Economico, aveva dichiarato il proprio interesse riguardo il progetto Plasmare, e noi abbiamo subito detto, e confermiamo, che se l'interesse si dovesse concretizzare, la costruzione delle unità frutto di questo progetto verrebbe affidata al cantiere di Sestri.
Voglio dire ai lavoratori di Sestri che, intanto, abbiamo contribuito a finalizzare il progetto del ribaltamento a mare e che, quando ci saranno ancora navi da costruire, continueremo a costruirle in qualsiasi condizione il cantiere si trovera'. Continueremo inoltre a sollecitare l'interesse dell'imprenditoria genovese a portarci idee e proposte per iniziative che siamo prontissimi a cogliere e a valutare.
Voglio infine ribadire, a tal proposito, che i bacini e la banchina dove si costruiscono le navi saranno mantenuti sempre in proprieta' dell'azienda, perche' noi abbiamo la convinzione che in futuro, accanto alle auspicabili nuove produzioni innovative, potranno ancora esserci navi da costruire.
Giuseppe Bono - Amministratore delegato Fincantieri
IL COMMENTO
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