"Lo ha fatto perché il Comune gli garantisce di costruire appartamenti sulla collina dell'ospedale San Paolo e pure sul fronte portuale”.
Parole in libertà, raccolte nei bar di Savona, dove anche la più infima tazzina di caffè è più buona dei rapporti che in realtà oggi esistono tra il Comune e il Cavaliere del Lavoro Aldo Dellepiane, fondatore del gruppo Demont, oggi titolare di notevoli interessi nel settore immobiliare e fresco di salvataggio dell’ultracentenaria società degli “striscioni”.
Un industriale vecchio stampo, uomo misurato nelle parole, savonese ma dell’entroterra, poco propenso alle promesse da marinaio.
A denti stretti ha parlato a Primocanale: “L'ho fatto perché mi ha colpito la serietà di questi ragazzi e l'attaccamento della gente ai colori del Savona”.
Ecco, la sostanza della sua intervista. Altro non ti dice, l'uomo che versando un euro – dopo averne già spesi 300 mila - si è accollato altre centinaia di migliaia di euro di debiti. Da dividere con il compagno di avventura, Fabrizio Barbano, anch’egli costruttore. E premesso che i missionari non fanno gli imprenditori, la storia va comunque sottolineata.
Già perché se il calcio è davvero lo specchio della vita, dove il marcio avanza sempre più, allora è giusto tratteggiare i protagonisti della vicenda savonese: quella che ti insegna che almeno qui non tutto è da buttare.
Se un imprenditore di successo decide di investire dei soldi a fondo perduto per salvaguardare un patrimonio cittadino significa che quel territorio riesce a conservare ancora dei valori. Se venti giocatori e un allenatore con mesi di stipendi arretrati decidono di non gettare la spugna ma anzi scelgono di tagliarsi i compensi del 30% significa che nel calcio e in questa città c'è ancora orgoglio e voglia di riscatto.
Cronaca
Il Savona e l'orgoglio ritrovato
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