cronaca

3 minuti e 46 secondi di lettura
Sette ore davanti ai pm per provare a respingere le contestazioni che gli sono state mosse, con domande e risposte che alla fine sono state secretate. Il primo confronto con i suoi accusatori, Claudio Scajola lo ha avuto nel carcere romano di Regina Coeli dove si trova recluso da oltre una settimana con l'accusa di avere favorito la latitanza dell'ex deputato e compagno di partito in Fi Amedeo Matacena, rifugiatosi a Dubai dopo che la condanna a cinque anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa è divenuta esecutiva.

Risposte che daranno molto da lavorare ai magistrati, chiamati adesso ad una serie di verifiche ed accertamenti su quanto ha detto loro l'ex ministro. Il primo interrogatorio, ma probabilmente non l'ultimo, soprattutto se Scajola ha deciso di rispondere. Tante sono le domande che i pm intendono rivolgere all'ex ministro, anche perché tante sono le contestazioni mosse sia nell'ordinanza di custodia cautelare sia nel decreto di perquisizione in cui Scajola è indagato a sua volta per concorso esterno in associazione mafiosa insieme allo stesso Matacena, alla moglie di quest'ultimo Chiara Rizzo e ad altre sei persone. l fatto che il pm della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo ed il sostituto della Dna Francesco Curcio, titolari dell'inchiesta, abbiano deciso di secretare gli atti potrebbe significare che Scajola ha riferito fatti e circostanze che richiedono ulteriori accertamenti che potrebbero coinvolgere anche altre persone ma potrebbe voler dire pure che i magistrati non vogliono correre il rischio che la linea difensiva del politico possa venire a conoscenza degli altri indagati prima che siano interrogati.

A Scajola i pm hanno contestato la lettera attribuita all'ex presidente del Libano Amin Gemayel e il promemoria scritto dallo stesso ex ministro in cui si parlerebbe del trasferimento di Matacena da Dubai a Beirut. Accuse alle quali l'ex ministro ha contrapposto una sua spiegazione. Ma potrebbero avergli contestato anche fatti e circostanze ancora coperte da segreto e nascoste dai tanti omissis presenti nell'ordinanza di custodia cautelare. L'aggravante mafiosa non è stata riconosciuta dal gip nell'ordinanza di custodia cautelare, ma è stata comunque oggetto di domande da parte dei magistrati che hanno chiesto conto a Scajola dei suoi rapporti con l'imprenditore latitante negli Emirati Arabi. Un politico-imprenditore, Matacena, ritenuto dall'accusa "componente essenziale e non sostituibile" delle "capacità economico-imprenditoriali del sistema criminale" 'ndranghetista.

Un sistema "perverso e illegale" finalizzato, secondo i pm, a "garantire ancora oggi la utilizzabilità di canali privilegiati di arricchimento", anche in ambito comunitario, sfruttati per agevolare gli interessi imprenditoriali ed economici della 'ndrangheta. Un contesto nel quale Matacena, per la Dda, è di "centrale rilievo" vista la sua rilevanza internazionale che viene "ulteriormente rafforzata dalla comunione di interessi, anche imprenditoriali, con Scajola" che dopo la condanna dell'imprenditore "diviene la proiezione politico-istituzionale-imprenditoriale" dello stesso Matacena.

A Scajola è stata contestata anche la reazione, definita "scomposta" nell'ordinanza, di fronte alla mancata candidatura alle europee. In quella occasione, infatti, Scajola, parlando al telefono con la moglie racconta di un incontro avuto con Confalonieri e Letta e dice che se non si risolve il problema fa "scoppiare un casino indimenticabile" e che se non lo rispettano "è guerra aperta". Una reazione che per i pm rappresenta "la migliore conferma del particolare interesse, non solo personale, verso quell'ambito politico sovranazionale, particolarmente appetibile per le ricadute economiche che è in grado di garantire". Su questo i pm hanno chiesto chiarimenti anche perché la loro ipotesi è che anche altri esponenti di Forza Italia potessero appoggiare la rete di cui Scajola avrebbe fatto parte, non tanto per agevolare la latitanza di Matacena ma piuttosto per favorire quel contesto imprenditoriale ed economico che secondo i magistrati e' legato a sua volta alla 'ndrangheta.

Al termine dell'interrogatorio, i legali di Scajola, gli avvocati Giorgio Perroni ed Elisabetta Busuito, hanno manifestato la loro soddisfazione. "E' stato un interrogatorio lungo e articolato", ha detto Perroni, aggiungendo che Scajola ha risposto a tutte le domande presentandosi davanti ai pm senza appunti e apparentemente sereno, "fornendo spiegazioni a tutti i fatti che gli sono stati addebitati" e aggiungendo che "nessun nuovo reato è stato contestato nei confronti dell'on. Scajola". Un interrogatorio "molto sereno", dunque, per il quale Perroni ha voluto ringraziare i magistrati per avere messo Scajola "in condizioni di poter fornire tutte le spiegazioni". Spiegazioni che, comunque, difficilmente sono state esaurite nelle sette ore di confronto di.