cronaca

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Un appunto vergato a mano su carta intestata della Camera dei Deputati con le indicazioni agli avvocati di Amedeo Matacena dei punti salienti da evidenziare nella richiesta di asilo politico da presentare alle autorità del Libano.


E' il documento in mano agli inquirenti e del quale Claudio Scajola si è assunto la paternità confermando così di avere aiutato Matacena, l'ex deputato di Fi latitante a Dubai dopo la condanna definitiva a 5 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Un'ammissione, quella di Scajola, giunta nel corso dell' interrogatorio sostenuto il 16 maggio scorso nel carcere romano di Regina Coeli davanti ai magistrati Giuseppe Lombardo e Francesco Curcio che lo accusano di avere favorito la latitanza del suo ex collega di partito. Il verbale di interrogatorio di Scajola era stato secretato ed è stato adesso depositato al tribunale del riesame di Reggio Calabria dopo il ricorso di alcuni indagati, anche se coperto per la quasi totalità da omissis. Uno dei legali di Scajola, l'avv. Elisabetta Busuito, tuttavia, parla di "ricostruzioni da considerarsi destituite di ogni fondamento". Ai pm l'ex ministro dell'Interno racconta che dopo avere ricevuto il fax attribuito all'ex presidente del Libano Amin Gemayel, ha "predisposto un appunto in cui indicavo i punti che Speziali mi aveva detto di portare all'attenzione degli avvocati di Matacena per la procedura di asilo". Era stato lo stesso Vincenzo Speziali, imprenditore catanzarese nipote omonimo dell' ex senatore Pdl e ben introdotto con alcune personalità di rilievo libanesi, a proporre a Scajola un incontro con Chiara Rizzo ed un consigliere di Gemayel "per affrontare l'argomento". Ma la partecipazione del consigliere di Gemayel era poi saltata, dice Scajola ai magistrati "qualche giorno prima della data fissata". Tanto è vero, aggiunge, "che mi era stato detto che avrebbero mandato una lettera che lo Speziali riferiva a Gemayel". Lettera sequestrata il giorno dell'arresto di Scajola, scritta al computer ed in francese, ed il cui contenuto è chiarissimo. "Mi occuperò a partire da domani di trovare un modo riservato per farlo uscire dagli Emirati Arabi poiché tratteremo il dossier con molta attenzione" era scritto nella lettera indirizzata al "caro Claudio". E poi proseguiva: "ho potuto patrocinare la questione e abbiamo già convenuto che una volta qui, egli potrà beneficiare, in maniera riservata, della stessa posizione che egli ha a Dubai". È dopo la ricezione di questa lettera che Scajola scrive l'appunto per i legali di Matacena indicando quattro punti: "evidenziare la condanna di reato associativo per mafia inesistente nel Codice libanese; persecuzione di carattere giudiziario per finalità politiche; storia dei processi; supplica di asilo per fini umanitari e di carattere medico". Poi le raccomandazioni finali "consegna diretta all'ambasciata Roma" e "ciò dovrà essere compiuto immediatamente dopo l'insediamento del nuovo esecutivo" libanese. Quale sia stato il motivo dell'aiuto prestato da Scajola a Matacena, tramite la moglie di quest'ultimo Chiara Rizzo, nel verbale non c'è traccia, probabilmente perché coperto da omissis. Incontri, quelli di Scajola con la Rizzo, che hanno provocato il "disagio" della segretaria dell'ex ministro, Roberta Sacco, liberata oggi per decisione del tribunale della libertà di Reggio Calabria. Stessa decisione è stata presa per Antonio Chillemi, amministratore delegato della società Amadeus, la holding della famiglia Matacena, anche lui ai domiciliari. Roberta Sacco, in un memoriale inviato alla Dda quando era ancora agli arresti domiciliari e nel successivo interrogatorio, riferisce anche di avere avuto incarico dal suo "datore di lavoro" di controllare i movimenti della donna. Mentre sull'"affair Matacena" specifica di avere intuito che era quello l'oggetto degli incontri, dopo la ricezione del fax attribuito a Gemayel ed il cui arrivo le era stato anticipato da Speziali. Adesso sono proprio le parti mancanti dell'interrogatorio quelle sulle quali i pm stanno facendo i riscontri di cui si era già parlato all'indomani dell'interrogatorio. Riscontri che procedono ad opera del Centro operativo della Dia di Reggio Calabria, che proprio oggi ha cambiato il suo direttore per un "normale avvicendamento", come ha specificato il capo centro uscente col. Gianfranco Ardizzone, che sarà sostituito dal col. Vincenzo Scillia, di cui prenderà il posto a Caltanissetta, a due passi da casa sua. Un cambio di consegne a cui ha voluto essere presente anche il direttore della Dia Arturo De Felice, che ha elogiato il lavoro svolto dal centro sia sull'inchiesta Breakfast che su tante altre indagini in corso. Intanto, i nomi di Claudio Scajola e Chiara Rizzo si rincorrono negli interrogatori delle segretarie dello stesso Scajola e di Amedeo Matacena.

Roberta Sacco, assistente dell’ex ministro, ha raccontato che il legame tra i due era diventato “imbarazzante”. Ai magistrati dell’antimafia la Sacco ha raccontato di aver conosciuto la Rizzo due o tre anni fa nell’ufficio di Scajola: “ Negli ultimi due anni i loro contatti erano assai frequenti, a volte la Rizzo veniva in ufficio per pranzare con Scajola, le disposizioni impartite da lui consistevano nell’allestire il pranzo (ci servivamo di un catering) dopodiché potevo lasciare l’ufficio e tornavo per riordinare per l’orario concordato con l’onorevole oppure quando lui mi telefonava per dirmi che potevo ritornare in ufficio».

Poi qualcosa è cambiato: “Dopo una crociera con gli amici la Rizzo si fa all’improvviso sfuggente. Scajola ha iniziato a parlarmi delle sue preoccupazioni circa l’amicizia con la signora Rizzo, in pratica pensava che potesse esserci qualcuno che si prendeva un po’ cura di lei, come faceva lui. Questo è associato al fatto che dopo la vacanza la Rizzo sfuggiva e non riuscivano più a vedersi e a concordare gli incontri come facevano prima».

E sarebbe scattato sorta di pedinamento della Rizzo, temendo, ad esempio che incontrasse Bellavista Caltagirone. L’imprenditore, secondo quanto arriva dalle intercettazioni, pubblicate oggi dal Corriere della Sera avrebbe iniziato a chiamare l’amico “l’orco”.