politica

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Sono fermamente convinto che la prima e vera riforma che andrebbe fatta, come ho già affermato intervenendo in Aula, sia quella delle Regioni. Per questo motivo ho presentato tre emendamenti al disegno del nuovo Senato in cui sostengo la costituzione delle macro regioni o, in subordine, almeno le macro regioni della sanità. Aree amministrative con almeno cinque milioni di abitanti. Per quanto riguarda la Liguria, a supporto della mia tesi ci sono dati precisi, ricavati da uno studio compiuto da Liguria Civica, in base ai quali il mantenimento degli enti locali costa molto più che nel resto del centro nord e a volte anche più di alcune regioni del Sud. Non solo: andamento del Pil, della disoccupazione e della spesa sanitaria sono assolutamente fuori registro rispetto al nord ovest e fanno della Liguria una regione con indicatori economici pari al Mezzogiorno, in qualche caso pure peggiori.


I benefici portati dalle macro regioni inciderebbero sull'intero Paese, poiché darebbero pari dignità a tutte le regioni, mentre la riforma ora in discussione mantiene e aggrava le sperequazioni attuali. Basta fare l'esempio della rappresentatività: a modifica compiuta, la Valle d'Aosta avrebbe due senatori per 150.000 abitanti e la Liguria ne avrebbe solo uno in più, pur avendo una popolazione dieci volte superiore! C'è quindi un problema di riequilibrio vistoso, che con le macro regioni si tradurrebbe per la Liguria in nuove opportunità: diluirebbe i propri dati economici negativi in un'area più ampia, si riudrebbero i costi pubblici e per la burocrazia, diminuirebbe l'età media della popolazione e magari avremmo pure politici e imprenditori più brillanti di quelli che ci toccano adesso.


Mi rendo conto che un simile processo non sia semplice e che difficilmente potrà essere accettato dal governo attraverso degli emendamenti, ma se mai si parte mai si arriva, per questo motivo ho deciso di agire. Le macro regioni della sanità, invece, sono un progetto che potrebbe decollare subito, perché basta un pizzico di volontà politica per concretizzarla e dare respiro ai conti pubblici. Anche qui, si tratta di fare base su una popolazione minima di cinque milioni di abitanti, rendendo più omogenee le competenze territoriali. La Liguria è ancora una volta un caso emblematico: che senso ha avere Imperia e La Spezia, che distano 250 chilometri l'una dall'altra, comprese nello stesso sistema sanitario? Io immagino La Spezia in una macro regione con la Toscana (così magari si prendono anche Raffaella Paita, ma penso che il ministro Maria Elena Boschi non ce la voglia) e Imperia e Savona in una macro regione con il Piemonte, mentre Genova potrebbe essere inserita in un'area lombardo-basso piemontese.


Intervenire e incidere su questi temi, la cui ricaduta sullo stato della finanza pubblica sarebbe positiva, è tanto più urgente alla luce dei dati Istat che certificano il ritorno in recessione dell'Italia, con il Pil in calo. Appare fuori luogo e irreale che il governo stia impegnando il Senato in una sfinente maratona su una riforma che certamente non ha la stessa urgenza dei problemi economici, che sono stati colpevolmente tenuti in secondo piano e adesso inesorabilmente ci presentano il conto.