All’incontro promosso dalla Rete a sinistra al Teatrino degli Zingari, luogo simbolo della sinistra genovese, sono arrivati in tanti: donne e uomini dei partiti - Sel, Rifondazione, area Civati ma anche altri del Pd - e della società, dalla Cgil all’Arci, da Legambiente all’Anpi, dai comitati ambientalisti alle associazioni culturali. Tutti d’accordo nel voler dar vita a uno spazio in cui creare l’alternativa al Pd di Raffaella Paita. C’erano entusiasmo e fiducia: anche perché le elezioni regionali si vincono soprattutto a Genova, dove la candidata del Pd è assai impopolare, come hanno dimostrato i risultati delle primarie.
Impopolarità accresciuta alla luce del voto di scambio e dell’inquinamento politico emersi nelle primarie stesse, che hanno costituito una sorta di Caporetto del Pd e fortemente indebolito chi le ha “vinte”. Va riconosciuto che tutto ciò è emerso grazie alla denuncia della “questione morale” da parte di Sergio Cofferati e alle sue dimissioni dal Pd: un fatto politico di prima grandezza.
Ma il fattore aggregante dell’incontro era, più in generale, la consapevolezza dell’urgenza di dare una risposta politica alla domanda sociale di “sinistra” crescente nel nostro Paese. Il Pd, infatti, ha ormai cambiato natura. Dal tentativo, solo rinviato, di salvare l’evasore Berlusconi con la legge sulla delega fiscale alla vicenda dell’Italicum, con il cambio delle alleanze e il pieno appoggio di Forza Italia a una riforma elettorale che è uno scempio costituzionale, non solo perché conferma che il Parlamento sarà composto da nominati, ma soprattutto perché dà a un solo partito, che rappresenterà in ogni caso una minoranza sempre più esigua di fronte al crollo della partecipazione, una forza parlamentare spropositata e un potere illimitato; dal Jobs Act, che abbandona al loro destino non solo i lavoratori dipendenti ma anche le partite Iva, allo Sblocca Italia che impatta in modo devastante sul territorio: tutto dimostra la mutazione genetica del Pd.
L’appoggio a Paita di Minasso, Saso, Orsi e compagnia cantante si spiega anche così. Il sociologo Luciano Gallino, nei giorni scorsi, ha scritto che, se non si sviluppa una nuova forza di sinistra, “quello che ci attende è un ulteriore degrado dell’economia e del tessuto sociale, seguito da rivolte popolari dagli esiti imprevedibili”. Il problema della rappresentanza è un problema della democrazia, perché masse così grandi non possono rimanere a lungo senza qualcuno che le rappresenti: vale per i lavoratori che non vogliono essere ridotti a merce, per le persone che difendono la Costituzione, per coloro si battono per l’ambiente.
Ma è possibile creare una grande casa comune della sinistra in grado di rispondere all’emergenza democratica e alla crisi economica, sociale e ambientale? Oggi si presenta una grande occasione: una vittoria di Syriza in Grecia funzionerebbe da detonatore e accelererebbe il processo. All’occasione internazionale-nazionale si accompagna l’occasione locale: la Liguria può esercitare il ruolo di laboratorio politico, anticipatore e apripista del processo nazionale. Del resto la sinistra nuova dovrà nascere “dall’alto”, ma anche e soprattutto “dal basso”, dai territori.
Il tentativo, in Liguria, ha già buone basi programmatiche: un green new deal per affrontare i problemi ambientali e creare in questo modo -con la lotta al dissesto idrogeologico, il rilancio dell’entroterra, la rigenerazione urbana, le energie rinnovabili, il turismo sostenibile- nuovo lavoro; la riforma del welfare, sperimentando il reddito minimo; un nuovo modo di governare, con una Regione che fa programmazione partecipata e non mera amministrazione e gestione del consenso, in un confronto limpido tra maggioranza e opposizione che rompa con i grovigli consociativi di questi anni.
Due sono le questioni aperte, e riguardano sia il livello nazionale che quello locale. La prima: bisogna saper stare insieme, unire le forze. La sinistra ritroverà un popolo se metterà da parte i vecchi mali dell’egoismo di parte, dell’indisponibilità ai compromessi e del settarismo, se saprà tornare al confronto e all’unità e aprirsi al civismo. E’ faticoso, ma è un obbligo e, lo dico da uomo della sinistra, alla fine ci farà star bene. La seconda questione riguarda la figura del leader: non l’uomo solo al comando, ma una figura che incarni il progetto.
La sinistra, in passato, ha avuto grandi leader, la parola non deve spaventarci. Landini e Vendola hanno prospettato un ruolo nazionale per Cofferati: si vedrà. Certo è che Cofferati è uscito dalla vicenda delle primarie con una caratura superiore alla precedente: perché ha lasciato il partito di cui è stato uno dei fondatori nel nome della “questione morale”. Io sono certo che lui avrebbe fatto la stessa battaglia anche se avesse vinto.
Per il ruolo di candidato a Presidente della Regione ci sono più personalità della sinistra ligure idonee al ruolo e capaci di vincere conquistando il voto di larga parte dell’elettorato del Pd e del M5S e recuperando tanti che si sono rifugiati nell’astensione. Cofferati è una di queste. In ogni caso ci sarà bisogno del suo sostegno. La scelta del programma e del candidato non spetta ai segretari di partito, ma nemmeno a pochi “saggi”. Dovrà essere il frutto di in percorso capace di coinvolgere tanti, nei partiti e nel civismo. Se la scelta dovesse cadere su altri, Cofferati avrà comunque un ruolo chiave. Perché lui è, in ogni caso, decisivo per vincere.
politica
La grande occasione della sinistra ligure
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