E' difficile dire se gli Stati generali della portualità e della logistica voluti da Maurizio Lupi si riveleranno la svolta tanto attesa per il settore o l'ennesima occasione persa. Di sicuro c'è che la partecipazione all'appuntameno testimonia un bisogno di risposte rimasto finora inascoltato. Da anni si dice che la legge del 1994 va cambiata, da anni questo cambiamento non arriva. Il Ministro dei Trasporti ha scelto la strada della concertazione, ascolando tutti ma promettendo che la bozza del nuovo Piano arriverà entro fine febbraio e non sarà un elenco di vaghe ambizioni, ma una road map di azioni e tempistiche precise. C'è da sperarlo, anche se per ora il numero di impegni presi sui massimi sistemi surclassa di gran lunga quello delle risposte precise.
Non ce ne sono sugli investimenti, con Lupi che promette l'individuazione di interventi mirati sugli scali strategici, ma non si sbilancia nè sui modi, nè sui destinatari, nè sui tempi (eppure i progetti degli scali sono sul suo tavolo da tempo, si sarà pur fatto un'idea). Non ce ne sono sull'autonomia finanziaria, osteggiata dal Ministero dell'Economia e ferma al palo da ormai oltre dieci anni. Non ce ne sono sulle Compagnie portuali, con l'intervento a gamba tesa del DDL Guidi che le vorrebbe abolire e il MIT che promette che "si farà quello che serve per garantire la competività degli scali", senza specificare in quale direzione ci si muoverà. Ha gioco facile Tirreno Bianchi, console della storica compagnia Pietro Chiesa, a dire che ci si aspettava qualche presa di posizione in più. In questo quadro di incertezza può succedere che due interventi distanti come quello di Giuliano Gallanti, critico sull'Agenzia unica nazionale ("i presidenti dell'Autorità portuali non possono essere ridotti ad amministratori di condomio") e quello di Luigi Merlo, che invece auspica una governance più forte del Ministero ("Serve un coordinamento nazionale") suonino entrambi legittimi e corretti.
Il problema è che al momento manca una strategia e non è sicuro che emergerà da questo appuntamento nè dal tavolo tecnico del Ministero, che finora si è limitato a elencare le aspirazioni di tutti (sviluppo, sburocratizzazione, competitività, intermodalità e così via), senza indicare la strada per realizzarle. L'impressione è che quel tavolo, e la convocazione degli Stati generali, siano stati l'occasione per stilare l'ennesimo elenco di ciò che si dice da anni (e che ha dato luogo a ben due bozze di riforma, ferme da mesi sui banchi del Parlamento) senza che nulla si muova in risposta. Con il risultato che gli interventi dei rappresentanti delle varie categorie hanno espresso allo stesso tempo il malesse per un sistema troppo fermo e la preoccupazione per le possibili ricadute negative per i proprio associati di una riforma di cui non si sa ancora nulla, e che quindi è ancora più temibile.
Lupi è un politico che sa indicare grandi ambizioni senza sporcarsi le mani con impegni scomodi e se non vuole finire nell'elenco dei politicanti più preoccupati a non scontentare nessuno che a decidere, dovrà dare delle risposte. I tempi li ha dettati lui stesso e farà bene a rispettarli. A condizione di non ritrovarsi, a fine febbraio, con l'ennesimo elenco dei sogni, magari condito con qualche riferimento allo Sblocca Italia, da troppo tempo risposta facile alle domande scomode. Dove saranno concentrati gli investimenti? Quali infrastruttue sranno consuiderate strategiche e quali no? L'Autorità unica si farà sì o no, e con quali poteri? Le compagnie portuali dovranno essere cancellate con un colpo di spugna del DDL Guidi, oppure il Ministero dei Trasporti si opporrà a questa ipotesi?
Lupi finora non ha voluto scontentare nessuno, ma non basta questo per governare bene. Gli scali non sono tutti uguali, le potenzialità non sono le stesse, e se affermarlo significa pestare i piedi a qualche Autorità portuale di serie D, è il momento di farlo con chiarezza. Se le risorse sono poche, vanno concentrate sugli scali che hanno potenzialità di sviluppo. Sono considerazioni banali e forse semplicistiche, ma al momento non le abbiamo sentite. C'è tempo fino a fine febbraio, e questa volta è davvero l'ultima chiamata.
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