Non soltanto le navi militari, come era stato preannunciato lo scorso mese di maggio. A Piombino ci andranno tutte le demolizioni navali, perché là avrà sede il primo polo nazionale che sovrintenderà questo tipo di business. Per Genova è uno schiaffo, l’ennesimo. Tanto più dopo i proclami seguiti alla decisione con cui il governo assegnò al capoluogo ligure la demolizione della Costa Concordia.
All’epoca il presidente della Regione Claudio Burlando e quello dell’Autorità portuale Luigi Merlo sventolarono la bandiera delle “straordinarie competenze” che consentirono quel risultato. Avvertendo che sarebbe stato solo il primo passo verso la realizzazione del polo delle demolizioni, figlio appunto del grande know how genovese in materia.
Ora, invece, minimizzano e si aggrappano al fatto che a Piombino opererà anche la San Giorgio del Porto, azienda locale e leader nel settore, insieme con Saipem e Fratelli Neri. “Ci saranno grandi sinergie” dice Merlo. E Burlando rincara: “Questo dimostra che bisogna dare spazio alle nostre aziende, altrimenti se ne vanno”. Sembra di essere ripiombati in piena Prima Repubblica, all’indomani delle elezioni politiche, quando si dichiarava vincitore anche chi aveva perso. Perché bando alle ciance, questa è la storia di una sconfitta.
Anche se, ovviamente, va riconosciuto che l’affidamento a Piombino del Polo delle demolizione ha un evidente fine risarcitorio, dopo la vicenda Concordia, che Genova strappò perché la città toscana non era ancora pronta. Il premier Matteo Renzi ci mise la faccia, ma ora si capisce perché fu tanto tiepido a proposito delle prospettive aperte per il capoluogo ligure da quell’operazione. Lui preferì parlare di successo del Paese, che ebbe il sopravvento, grazie alle decisioni del top management di Carnival-Costa Crociere , su ipotesi alternative come la Turchia o un cantiere del Far East.
Chi canta vittoria è il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi: “ La reindustrializzazione di Piombino è una scommessa vinta. Grazie agli investimenti di Regione e governo, la città vivrà un importante rilancio grazie a tre importanti partner e nuove aziende che mostrano un interesse crescente per quell’area”. Va aggiunto che oltre a Saipem, Fratelli Neri e San Giorgio, nell’operazione è coinvolta anche General electric, con un piano complessivo che prevede di agganciare alla siderurgia (c’è stata l’acquisizione della ex Lucchini da parte di Cevital) e all’agroindustria, appunto le demolizioni navali e l’industria energetica.
“Riteniamo che il porto di Piombino possa diventare un polo nazionale di demolizione navale controllata – ha osservato Ferdinando Garrè, amministratore delegato di San Giorgio – cogliendo una grande opportunità di business e di sviluppo, che dimostra anche la volontà di fare sistema e un segno di possibili sinergie fra i porti italiani”. Garrè insiste sul fatto che appena le commesse arriveranno in realtà non basteranno né Piombino né Genova, ma se questo sarà vero com’è augurabile, resta il fatto che la sede del polo delle demolizioni non sarà nel capoluogo ligure, che rimane pur sempre il principale scalo del Mediterraneo.
E questo, al di là delle sinergie possibili alle quali si aggrappano Burlando e Merlo, significa che le decisioni su quel business saranno prese a Piombino anziché a Genova. La cosa, come dimostrano altre deludenti scelte del passato avvenute su altri fronti, non è affatto neutra. E segna un ulteriore indebolimento del capoluogo ligure. In termini concreti e anche di immagine.
politica
A Piombino il polo delle demolizioni navali, Genova beffata
Guidato da San Giorgio, Saipem e Fratelli Neri
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