I renziani liguri chiamano Lorenzo Guerini, il vicesegretario nazionale: “Vogliamo parlarti”. E Guerini chiama i due segretari, il regionale Giovanni Lunardon e il provinciale di Genova Alessandro Terrile, convocandoli a Roma. Nella capitale arrivano tutti oggi, ma per incontri separati. A dimostrare anche plasticamente che lo psicodramma piddino dopo la clamorosa sconfitta alle regionali è tutt’altro che superato.
Secondo quanto è stato possibile ricostruire, l’iniziativa l’hanno presa i renziani: l’unico della primissima ora e della primissima Leopolda, il sindaco di Savona Federico Berruti, e poi quelli convertitisi strada facendo, vale a dire Raffaella Paita, la candidata grande battuta del 31 maggio scorso, e Nino Miceli, ex capogruppo in consiglio regionale. A quanto si sa, della delegazione dovrebbero far parte anche Alessio Cavarra, battuto di pochissimo alle primarie per la segreteria regionale ligure da Lunardon, e Simone Mazzucca, componente della direzione ligure del Pd e portavoce del ministro della Difesa, genovese anch’essa, Roberta Pinotti. Non è del tutto escluso che al vertice possa esserci anche lei.
Che cosa chiederanno i renziani liguri al vicesegretario renziano? Probabilmente, al di là di alcune dichiarazioni pubbliche concilianti, di fare piazza pulita della nomenklatura attuale. Un ricambio totale, sulla scia di ciò che la stessa Paita aveva annunciato nel corso di un incontro elettorale a Diano Marina: “Vinco e cambio tutti i dirigenti del partito”. Seguirono polemiche. Non pare che, dopo la sconfitta, l’idea sia cambiata. Anzi, l’analisi del naufragio ora contempla sì l’autocritica, ma i renziani liguri restano dell’idea che la partita sia stata mal gestita dai vertici del partito – tutti di stampo cuperliano e alle primarie schierati con Sergio Cofferati contro Paita – i quali per questa ragione vorrebbero il repulisti.
Dal canto loro, Lunardon e Terrile chiederanno tempo. Il segretario provinciale di Genova se l’è visto dare dall’assemblea, appena lunedì scorso, che s’è chiusa con la richiesta nei suoi confronti di congelare le dimissioni e rimettere insieme i cocci del partito intorno a un programma di lavoro condiviso. Lunardon, invece, l’assemblea regionale l’ha convocata per lunedì prossimo e prima di allora ha fatto sapere che pronuncerà più neanche una parola pubblicamente. All’interno del partito, invece, ritroverà fatalmente la favella e prevedibilmente insisterà su una spiegazione della sconfitta che si discosterà non poco da quella dei renziani.
C’è, tuttavia, un punto sul quale le due delegazioni potrebbero convergere: la richiesta a Guerini di inviare in Liguria se non un commissario vero e proprio, almeno un auditore-mediatore, che possa gestire il difficile dialogo fra le due anime del Pd – e le “sottoanime”, se non si vogliono chiamare correnti, in cui si dividono ulteriormente gli schieramenti - nel tentativo di ricucire la situazione. Che cosa risponderà Guerini? Su questo per ora non filtrano indiscrezioni. Si sa che il commissario era ipotesi scartata a Roma, ma rispetto a quando questa posizione venne divulgata – praticamente l’indomani delle regionali – ci sono stati due episodi non secondari. Il primo: il pessimo esito dei ballottaggi in alcuni grandi Comuni italiani – su tutti Venezia e Arezzo – che hanno provocato l’ennesimo smottamento interno (e ieri anche il parlamentare Stefano Fassina ha annunciato la sua uscita dal Pd per raggiungere Civati e Cofferati e con loro avviare un percorso nuovo a sinistra). Il secondo episodio: un’intervista rilasciata da Renzi al quotidiano La Stampa in cui il premier fa un’autocritica un po’ particolare. Questa: “Il mio errore non è stato mettere i miei al governo, è stato non metterli nel partito”. Aggiungendo anche di ritenere “chiusa” la stagione delle primarie.
Se questa è la nuova posizione di Renzi, non è allora da escludere che Guerini si comporti di conseguenza e apra all’ipotesi del commissariamento. O, se non altro, a quella di un “inviato” della maggioranza Pd a Genova. Se Renzi vuole cominciare a ricostruire il partito per come lo immagina e lo vuole, la Liguria è la prima occasione utile. Con, in più, un alto valore simbolico a livello nazionale. Se, invece, si ostinerà a dire ai liguri di risolvere da soli i loro problemi di convivenza interna, allora significherà che Renzi non vuol davvero mettere mano al partito. Non per ora, almeno.
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Pd ligure diviso e a Roma in missione separata dal viceleader
Renziani chiedono incontro a Guerini e lui convoca anche gli "altri"
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