Matteo Melley, presidente della Fondazione Carispezia, recentemente nominato vicepresidente dell’Acri, l’associazione che rappresenta a livello nazionale le fondazioni bancarie, parla a Primocanale degli obiettivi per la provincia spezzina, non risparmia accuse al Comune della Spezia perché – dice - fa fatica a riconoscere alla Fondazione il ruolo di investitore sociale, che darebbe opportunità sostenibili per il territorio. Melley punta il dito anche sulla scarsa pulizia della città e aspetta dal governatore Toti risposte sui temi della sanità e del welfare.
“Noi siamo certamente impegnati sui fronti tradizionali, a cominciare da quello sociale – spiega Melley - puntiamo a rafforzare il modello di welfare e alla sanità. Le strutture della sanità spezzina sono e saranno all’avanguardia. Il nuovo ospedale è partito e siamo tutti ottimisti. Occorre rafforzare il sistema territoriale e occorre rafforzare le persone, ci vogliono personalità all’altezza. Molto ancora si può fare. Confido che con l’amministrazione regionale si possa trovare grande sintonia.
A proposito, qual è la prima cosa che chiederà a Toti?
Noi abbiamo un tema molto concreto, pronto, si chiama hospice. Abbiamo realizzato la struttura di Via Fontevivo, gestita dalla Fondazione Don Gnocchi, che è il polo riabilitativo del levante ligure, da Genova a Spezia. Ha uno spazio inutilizzato al momento, che era previsto ed è stato costruito come hospice per i malati terminali. Sarebbe un bellissimo segnale se la giunta Toti facesse tutto il possibile per fare partire questo progetto. La Fondazione è pronta a dare il suo contributo.
L’economia spezzina è in difficoltà, i dati dicono che la ripresa qui non si vede, perché secondo lei?
Ho sempre avuto l’impressione che La Spezia sia sempre in attesa del miracolo: l’arrivo di grandi progetti, un forte finanziamento pubblico. Penso che invece La Spezia debba fare quello che già si fa altrove, rimboccarsi le maniche, deve porsi il problema di come intercettare capitali privati, che in altre aree arrivano. Mi domando perché la nostra città e la Liguria non approfittano di questa opportunità. Gli stranieri guardano l’Italia per possibili investimenti. Noi, oltre a guardare l’Europa in termini di finanziamenti comunitari che ormai si stanno esaurendo, bisogna guardare anche ai privati.
Colpa della classe politica o di quella imprenditoriale?
E’ un fenomeno culturale di abitudine. Da sempre siamo abituati a tendere la mano verso qualcun altro. Si chiamino pensoni, stipendi pubblici. E’ un sistema abituato ad essere assistito. Per certi versi è un bene, perché durante la crisi il sistema ha tenuto, non ci sono stati choc forti di carattere sociale. Ora però che la ripresa si intravede, bisogna scrollarsi di dosso la tendenza di aspettare l’arrivo dall’alto del cavaliere bianco, bisogna sapersi proporsi. Per esempio il sistema crociere sta portando non solo turisti, ma anche investitori. Un segnale importante.
Però il comandante della Allure of the Seas ha detto di essere rimasto negativamente sorpreso dalla “siesta” dei commercianti spezzini…
Io appartengo ad una famiglia di commercianti, so quanto sia difficile coniugare le esigenze del turismo e del commercio. Credo però che il turista di qualità cerchi anche altre cose: città pulita, città accogliente. Credo che alcuni biglietti da visita non vadano bene: un certo degrado nelle zone storiche, la poca cura nell’arredo urbano, per non parlare di alcuni eccessi di poca pulizia. Questo aspetto vale tanto quanto la ridotta apertura dei negozi. Diciamo che è giusto dire che i commercianti devono fare di più, però anche altri devono fare di più per presentare una città più bella.
Sembra di capire che il rapporto tra Comune della Spezia e Fondazione non sia idilliaco
Con il Comune abbiamo avviato in concreto una strategia sul settore della cultura: c’è stato il superamento dell’istituzione dei servizi culturali che chiedevamo da tempo, ora c’è un dialogo positivo diretto con l’assessore alla cultura. C’è sintonia sul futuro del polo universitario, abbiamo l’impegno di fare di Promostudi un centro di eccellenza nel campo della formazione universitaria. Non c’e dubbio che il ruolo di investitore sociale della Fondazione stenta a decollare. Significherebbe metterla in grado di investire il patrimonio della Fondazione, che è degli spezzini, in modo che abbia ricadute sul territorio. Stiamo cercando delle opportunità che abbiano sostenibilità economica, ma su questo c’è difficoltà a ragionare con il Comune.
Dopo la recente nomina a vicepresidente dell’Acri, in questa veste, ha incontrato Papa Bergoglio, che emozioni ha provato?
Di tante cose che mi sono capitate in questi anni è stata la più importante e toccante. Francesco è un uomo che ha nella semplicità nei tratti e nel modo di presentarsi, la sua regola, come vediamo tutti i giorni. Il Papa credo che possa favorire, anche attraverso l’enciclica molti spunti di riflessione importanti. Ci sono temi, come quelli della povertà, che anche la nostra Fondazione ha già affrontato. E’ un uomo che manda messaggi a qualunque livello, dai grandi capi di stato, ai cittadini semplici. E io sono tornato a casa con questo messaggio da cittadino, che mi ha toccato.
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