Non è la prima volta che se ne parla e non è la prima volta che i terminalisti si oppongono: il Viminale starebbe nuovamente valutando una revisione in materia di security nei terminal portuali, avocando a sé parte delle competenze oggi delegate ad altri soggetti. Attualmente la sicurezza nei porti è regolamentata da una legge nazionale che recepisce una direttiva europea del 2004, implementata poi negli anni successivi.
Il soggetto responsabile in materia è l'Autorità portuale, che deve elaborare la valutazione del rischio dello scalo e definire il Piano di security relativo ai terminal e alle navi in transito nello scalo. I piani portuali vengono poi integrati a livello statale. "E' un lavoro che ha richiesto anni e forti investimenti, ma che finora ha dato ottimi risultati", spiega Marco Conforti, presidente di Assiterminal.
Ora il Ministero dell'Interno vorrebbe avocare a sé parte delle responsabilità. "Si rischia di sovrapporre ruoli e di aggiungere altra burocrazia - dice Conforti - e a noi questo non va. Sovrapporre competenze può portare a contrasti e rallentamenti nelle decisioni, con un conseguente aumento dei costi e riduzione dell'efficacia nella gestione della security".
In realtà un intervento del Ministero dell'Interno in materia di security c'è già stato nei mesi scorsi, con l'avvio del piano antiterrorismo "Cristoforo Colombo". Le crescenti tensioni nel Mediterraneo e il recente attentato in Tunisia riportano il tema in primo piano, con gli scali portuali giudicati doppiamente a rischio: sia come possibili obiettivi di attacchi, sia come potenziali porte d'ingresso in Italia per aspiranti terroristi. Da qui un possibile, nuovo intervento del Viminale. Che però non piace ai terminalisti.
porti e logistica
Sicurezza nei porti, si cambia: il Viminale pensa a nuove regole
Contrari i terminalisti: "Rischio burocrazia"
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