
Il problema vero è avere un capo: riconosciuto, amato, carismatico, capace di ragionare in termini di coalizione e non solo nell’interesse della bottega di provenienza, qualunque essa sia. Oggi il leader è Giovanni Toti, per la forza derivatagli dall’aver rimesso insieme il centrodestra ligure e dalla vittoria alle regionali. Ma domani, domani sarà ancora lui? Un primo snodo è rappresentato le amministrative della primavera prossima, quando andrà al voto una città importante come Savona, sempre che strada facendo non si aggiungano Genova e magari Imperia, governi municipali pronti a esplodere per ragioni diverse e allo stesso tempo simili.
Lì la presenza di Toti sarà ancora determinante. Il tema è che cosa accadrà dopo, quando il governatore sarà distolto dal suo ruolo nazionale e distratto dalle legittime ambizioni romane. Rixi è il vice di Matteo Salvini, pure lui, quindi, con una posizione di rilievo nazionale, ma può fare il leader più di Sonia Viale, leghista anch’essa e legatissima a Roberto Maroni, l’anima alternativa del Carroccio? E Forza Italia potrebbe accettare una guida non azzurra, posto che alle regionali liguri ha rifiutato la candidatura di Rixi anche a costo di andare al voto con un centrodestra in ordine sparso? Già, ma chi comanderà fra i “berluscones”, con Sandro Biasotti in odore di giubilazione dal coordinamento regionale e l’ascesa di personaggi come i Bagnasco padre e figlio, piuttosto che Angelo Vaccarezza e Marco Scajola? Una domanda tira l’altra, fino a quella delle cento pistole: che cosa farà Claudio, dove per Claudio s’intende l’ex ministro Scajola? Ma se il centrodestra si mostrasse fermo ancora lì dimostrerebbe solo di non essere ancora pronto a scrivere la nuova storia della politica ligure. E la vittoria alle regionali sarebbe una rondine che non fa primavera.
IL COMMENTO
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