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Entroterra, il primo schiaffo della Regione
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“Daniela Segale, genovese, 47 anni, residente a Torriglia, impiegata nel settore marittimo e membro del consiglio di amministrazione nel consiglio dell’Unione nazionale Pro Loco italiane, è il nuovo presidente del Parco dell’Antola. L’ha nominata la Regione Liguria con un decreto del presidente Giovanni Toti”.

Recita così lo scarno annuncio dell’ente di piazza De Ferrari. Nonostante in quelle poche righe difettino riferimenti alle competenze specifiche necessarie per guidare un Parco alle prese con grandi cambiamenti, non c’è motivo di dubitare che la neo presidente, molto stimata dall’ex senatore Giorgio Bornacin, vanti le qualità per amministrare al meglio una realtà complessa come quella di Val Trebbia e Valle Scrivia.

Tuttavia un dato non può passare inosservato. Normalmente la Regione indica il nome del presidente di un Parco ascoltando la voce della Comunità. Quella dell’Antola è composta da 12 sindaci e 9 realtà associative attive sul territorio. Il voto aveva espresso un orientamento limpido: 21 voti su 21 in favore del presidente uscente Roberto Costa.

Se appare del tutto evidente che chi governa lo fa con i suoi uomini e le sue donne all’interno di una logica di spoils system, e se in qualsiasi realtà pubblica 4 mandati alla guida dello stesso ente come sarebbero stati quelli Roberto Costa possono apparire eccessivi, c’è una parola che resta emarginata dal ragionamento: territorio.

Già, all’interno di una presunta casa di vetro quale dovrebbe essere la politica locale, e al di fuori del giudizio sui singoli attori che non è motivo di discussione, come può la Regione mettere da parte con tanta disinvoltura la voce di un entroterra già abbondonato per sanità, trasporti e peso istituzionale? Come può un ente, alle prese con enormi cambiamenti amministrativi, voltare le spalle ai propri sindaci peraltro non tutti avversari politici? Come può un governatore tirare dritto davanti alla mediazione delle stesse vallate per una staffetta di mandato utile a conciliare la voce locale con le ambizioni di chi dirige la nave?

A pensare male si fa peccato e dunque la decisione di ribaltare un 21 su 21 certo non può essere frutto degli appetiti politici o della spartizione delle poltrone di coalizione alla viglia di amministrative nazionali molte delicate. Ci deve essere altro, no?
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