Un appiglio per non cadere nel vuoto, in attesa di garanzie per il futuro: appare così l'accordo con alcune aziende, tra cui il Caseificio Pugliese di Lauriano (Torino) e Latte Alberti di Pontedassio, che compreranno il latte degli allevatori liguri che non hanno rinnovato il contratto con Lactalis-Parmalat.
Una soluzione provvisoria fino a settembre, ancora da chiarire la portata economica del contratto. Ma all'incontro straordinario voluto dal municipio Valpolcevera emerge una certezza: la solidarietà e l'impegno di tutti gli attori economici e sociali per salvaguardare un importante presidio del territorio.
"Nella contingenza abbiamo risolto l'emergenza più immediata, il latte viene di nuovo ritirato. Era il problema principale. Ora abbiamo qualche mese per riflettere sulle strade da prendere a lungo termine", specifica Marco Cosso, presidente della Cooperativa Valpolcevera. Dunque, niente più latte buttato nei prati, un gesto obbligato da parte degli allevatori, perché il quantitativo munto, se non viene subito ritirato e trattato, si deteriora in poco tempo.
"Questo incontro è una prima tappa, ma servono politiche nazionali", asserisce Iole Murruni, presidente del municipio. Bene l'accordo coi caseifici, bene l'idea di estendere il più possibile la rete dei distributori fissi, "ma occorrono iniziative capillari più forti, meccanismi di premialità, sgravi fiscali per rimanere competitivi verso la concorrenza".
Della stessa idea anche Giovanni Lunardon, segretario regionale del Pd ligure: "Ci vogliono investimenti per ristrutturare il settore, tutte le istituzioni devono giocare un ruolo di accompagnamento". Quella di Lactalis era una decisione prevedibile? "Dopo la chiusura della centrale c'erano già segnali di disimpegno. È un duro colpo perché quel contratto garantiva un rendimento importante".
Parola d'ordine: filiera corta. Un termine ormai di moda, che adesso potrebbe trovare applicazioni concrete proprio a partire dall'emergenza degli allevatori. "Qualche soluzione si intravede, l'importante è cercare soluzioni strutturali, pensare a progetti più forti", dice Ivano Moscamora, presidente della Confederazione Italiana Agricoltori ligure.
Idee? "Una linea con trasformatori per dolci, gelati e piccoli caseifici. L'impianto di pastorizzazione è fattibile, ma non è l'emento di maggior valore. A queste aziende bisogna garantire continuità produttiva". E poi "semplificare la burocrazia", come ricorda Massimo Garaventa, vice presidente dell'Associazione Allevatori Genovesi.
Intanto i produttori delle valli genovesi rinnovano l'appello a comprare il latte crudo dai distributori dislocati nel territorio della provincia. Si tratta di latte non pastorizzato, non sottoposto a procedimenti, venduto sfuso (guarda dove). "Ci sono tutte le garanzie igieniche, subiamo controlli a sorpresa dalla Asl, è del tutto affidabile", ci dice un'allevatrice della Valle Stura. Tantissimi cittadini stanno chiedendo di aprire nuovi erogatori in città.
A fare la sua parte c'è anche Don Valentino Porcile, parroco di Genova Sturla, che negli scorsi giorni ha aderito alla campagna per il boicottaggio dei prodotti Parmalat e nel frattempo organizza una vendita di formaggio locale davanti alla sua chiesa per aiutare i produttori dell'entroterra. "Nei prossimi giorni visiterò tre caseifici a Rossiglione", ha annunciato
Nel frattempo, mentre infuria sui social la guerra a Lactalis e ai marchi che controlla, c'è pure chi ricorda che "boicottare i prodotti riconducibili al gigante francese vuol dire danneggiare indirettamente gli addetti alla distribuzione, con possibile perdita di posti di lavoro su Genova". Parmalat ha smentito l'acquisto di latte straniero, ma altre fonti confermano che l'azienda ha (almeno) preso in considerazione l'ipotesi. Una cosa è certa: il marchio 'Latte Oro', con l'uscita di scena dei produttori delle valli genovesi, non ha più legami col territorio.
cronaca
Caso latte, ora una soluzione-tampone: "Però servono interventi strutturali"
Istituzioni e allevatori concordi dopo l'incontro in Valpolcevera
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