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Il processo - il primo arrivato a sentenza dopo lo scoppio dello scandalo sui fondi del partito, emerso nel 2012 - vedeva al centro le presunte spese personali con i soldi nelle casse del Carroccio e, in particolare, con i contributi pubblici derivanti dai rimborsi elettorali. Per il giudice, che ha depositato le motivazioni nelle scorse settimane anche prima del termine fissato in sentenza, "l'impianto probatorio" a carico di Riccardo Bossi, imputato per spese con i fondi della Lega per circa 158mila euro, "è ponderoso e granitico".
E tra gli elementi che hanno portato alla condanna del figlio dell'ex segretario del Carroccio, il magistrato in una quarantina di pagine di motivazioni richiama proprio le intercettazioni tra Belsito e Dagrada, finite agli atti dell'inchiesta milanese coordinata all'epoca dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo e dai pm Paolo Filippini e Roberto Pellicano.
Il giudice, condannando Riccardo Bossi a un anno e 8 mesi, con la sospensione condizionale della pena e il riconoscimento delle attenuanti generiche, è andato oltre la richiesta di 1 anno del pm Filippini. In particolare, il figlio di Umberto Bossi era imputato per una serie di spese con soldi pubblici che avrebbe usato, tra il 2009 e il 2011, per pagare "debiti personali", "noleggi auto", le rate dell'università dell'Insubria, l'affitto di casa, il "mantenimento dell'ex moglie", l'abbonamento alla pay-tv, "luce e gas" e anche il "veterinario per il cane".
Belsito, Umberto Bossi e l'altro figlio Renzo detto 'il Trota' sono anche loro imputati per appropriazione indebita ma con rito ordinario e il processo è ancora in corso a Milano. La parte principale dell'inchiesta che nel 2012 ha travolto il 'Senatur' e la sua famiglia è stata trasferita, invece, tempo fa a Genova dove è in corso il processo per la presunta truffa ai danni dello Stato sui rimborsi elettorali che vede imputati di nuovo Umberto Bossi, Belsito e tre ex revisori del partito.
IL COMMENTO
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