cronaca

E i cittadini chiedono di accelerare i lavori del nuovo centro
1 minuto e 30 secondi di lettura
Un giorno di ordinaria emergenza. Il day after il presidio dei migranti al Forte dell'Annunziata - cessato a fronte della mediazione degli uomini della Caritas e del rischio concreto di un sgombero coatto - la situazione a Ventimiglia è tornata ad essere la stessa che si vive ormai da oltre un mese a questa parte. Nella zona delle Gianchette, dove sorge la Chiesa di Sant'Antonio, sono ormai oltre 700 le persone. Un numero troppo alto perché tutti possano trovare accoglienza all'interno dei locali della parrocchia. E così ciascuno si arrangia come può. C'è chi dorme nel parcheggio antistante la Chiesa e chi è tornato a stazionare nel greto del fiume.

Intanto al parco Roja, che dovrebbe ospitare il centro d'accoglienza temporaneo, i lavori procedono molto a rilento (per usare un eufemismo). Dopo i tanti sopralluoghi effettuati in queste ultime settimane, al momento sono state completate soltanto le opere che riguardano le fognature e l'acqua. Dei moduli abitativi, che sarebbero dovuti arrivare in queste ore, neppure l'ombra. Non a caso gli abitanti delle Gianchette, stanchi di reggere sulle proprie spalle l'interno fenomeno migratorio della città di confine, hanno promosso una petizione per chiedere alle istituzione di accelerare i tempi.

Non va dimenticato, tuttavia, che il centro potrebbe accogliere soltanto 200 persone. Molte meno di quante attualmente sono presenti a Ventimiglia. Il centro sarebbe dunque un palliativo, non una cura. Questo anche a fronte di quanto rilevato dalla Caritas, che con il suo direttore Maurizio Marmo ha reso noto che “Solo nell’ultimo mese sono passati dalla struttura ventimigliese circa 3 mila persone”. Numeri importanti che - accompagnati alla consapevolezza che i mesi con gli afflussi maggiori sono ancora da venire - rendono bene l'idea dello sforzo chiesto alla città di Ventimiglia e ai suoi cittadini.