cronaca

Faccia a faccia tra la moglie del magistrato e la segretaria di Bruzzone
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Confronto all'americana davanti al pubblico ministero Massimo Terrile tra la funzionaria della Regione Afra Serini e Anna Cavallini, segretaria del presidente leghista del consiglio regionale ligure Francesco Bruzzone, nell'ambito dell'inchiesta per induzione alla concussione nella quale sono indagati Cavallini e Bruzzone.

Serini, moglie del magistrato della dda Alberto Lari
ha denunciato di essere stata ricatta da Bruzzone che le chiese di interessarsi dell'inchiesta sulle spese pazze (2010-2012) in Consiglio, in cui il presidente è imputato, facendole intendere che a questo sarebbe stato legato l'eventuale rinnovo del suo incarico come capo di gabinetto dell'Ufficio di presidenza.

Secondo l'accusa, Bruzzone avrebbe mandato dalla Serini la sua segretaria Cavallini per convincerla a parlare con il marito Lari, il quale avrebbe dovuto a sua volta convincere i colleghi che si occupavano dell'inchiesta sulle spese pazze ad alleggerire la posizione di Bruzzone. Il faccia a faccia è durato meno di un'ora.

Le due donne sono rimaste sulle proprie posizioni: Cavallini, difesa dall'avvocato Enrico Scopesi, ha ribadito di essere stata fraintesa nel corso di una chiacchierata; mentre Serini ha sostenuto di essere stata ricattata per vedersi rinnovato l'incarico. La funzionaria era stata nominata capo di gabinetto quando al governo della Regione c'era il centrosinistra.

Il presidente Bruzzone, difeso dall'avvocato Giuseppe Sciacchitano, ha sempre spiegato che col cambio di maggioranza, era venuto meno il rapporto fiduciario, da qui il cambio. Ma secondo la funzionaria, assistita dall'avvocato Chiara Antola, il rinnovo non avvenne perché lei non lo aiutò.

Nella denuncia fatta a marzo dalla ex capo di gabinetto dell'ufficio di presidenza si parlava anche di una frase pronunciata dal leghista dai toni vendicativi. "Ora sa cos'è un'ingiustizia" avrebbe detto Bruzzone alla Serini dopo che aveva chiesto spiegazioni per il mancato rinnovo dell'incarico. Quella frase, secondo il racconto di Serini, venne pronunciata dopo il rinvio a giudizio deciso dal gup Roberta Bossi.