
La giovane è stata interrogata dagli agenti ai quali è stata lei stessa a rivolgersi. "Davide, qualche giorno prima dell' omicidio, mi ha detto che era preoccupato per questioni legate al suo lavoro. Mi ha detto: 'Ho paura che mi possa succedere qualcosa'. All'inizio non pensavo fosse nulla di importante e di grave, ma dopo l'omicidio ho collegato tutto. Ho capito che temeva per la sua vita", ha raccontato agli inquirenti.
Con ogni probabilità, dunque, la vittima era stata minacciata per un debito di droga. Le indagini proseguono per capire cosa sia successo davvero sabato pomeriggio nell'appartamento di Molassana e chi sia stato a sferrare la coltellata che ha ucciso il giovane spacciatore. Per l'omicidio è stato arrestato Guido Morso, 34 anni, che aveva confessato di avere sparato. Ancora ricercato il padre Vincenzo Morso, 60 anni, ritenuto un referente delle cosche di Gela.
Nel corso dell'autopsia era emerso che Di Maria era stato ucciso con una coltellata, mentre dai primi rilievi eseguiti sul luogo del delitto era sembrato che il colpo mortale fosse stato quello di una pistola. Successivamente è emerso che l'arma che ha sparato, senza colpire nessuno, apparteneva a Marco N'Diaye, genovese di origini senegalesi amico della vittima, che però nega di averla mai avuta. La pistola, insieme a una seconda che sarebbe del latitante, sono state fatte ritrovare da Guido Morso, mentre non è mai stato recuperato il coltello del delitto.
IL COMMENTO
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