cronaca

Interrogatorio al gip: "Mio figlio? Non lavoro più con lui"
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 "Non sono un truffatore che rifila patacche ai clienti ma un bravo venditore che riesce a convincere i telespettatori che i miei gioielli sono di buona qualità e il prezzo è sempre adeguato al loro reale valore".

Lo ha riferito al gip, nel corso dell'interrogatorio di garanzia, Giuseppe Maria D'Anna, 70 anni, il genovese "re" dei televenditori arrestato il 21 dicembre nel corso nell'Operazione Dynasty dei carabinieri che in tre anni di accertamenti ha permesso di indagare 23 persone, di cui tre arrestati finiti in carcere e altri due ai domiciliari (D'Anna e l'altro televenditore Roberto Peragine) per l'ipotesi di reato di associazione a delinquere finalizzata alla commissione dei reati di truffa contrattuale, frode in commercio aggravata, ricettazione, riciclaggio e reimpiego di denaro e beni di provenienza illecita, trasferimento fraudolento di valori.

D'Anna, difeso dall'avvocato Andrea Vernazza, ha preso le distanze dal figlio Ruben, definito "spregiudicato", "con lui non lavoro dal 2007, fatta eccezione una pausa nel 2013 e 2014 perchè era in difficoltà". D'Anna ha smentito con forza che i gioielli che ha venduto per decenni alla tv fossero truffe: "Forse chi li ha periziati non sa svolgere il proprio lavoro", ha aggiunto con presunzione ed orgoglio. Il gip ha ascoltato anche l'altro televenditore ai domiciliari, Roberto Perargine, compagno di Joanna Golabek, 46 anni, anche lei arrestata. Perargine si è difeso dicendo che non ha mai truffato i clienti e la sua azienda non ha nulla da spartire con quella di D'Anna. I suoi legali, gli avvocati Nicola Scodnik ed Ennio Pischedda, hanno chiesto la revoca degli arresti domiciliari.