
Anzitutto i sintomi: febbre molto alta, 39 gradi o addirittura 40. Ma l’allarme deve scattare soprattutto quando compaiono i cosiddetti segni meningei: “Si avverte rigidità della nuca, non si riesce a muovere il collo e compaiono macchiette rosse che in gergo si chiamano petecchie. Questi segni di allerta devono essere colti tempestivamente. Una mezz’ora può diventare salva vita”.
Se in quest’arco di tempo scatta l’intervento, la malattia si riesce a gestire. “In caso contrario – prosegue Icardi – inizia la cosiddetta coagulazione vascolare disseminata, in parole povere un meccanismo autoimmune, una reazione eccessiva dell’organismo. Lì diventa molto difficile salvare la vita al paziente”. Se si innesca questo meccanismo, la meningite può diventare mortale.
Da una parte la rapidità di intervento, dall’altra la profilassi. 76 bambini e 19 adulti sono stati convocati alla Asl: tutti loro sono entrati in contatto con l’educatrice genovese in un dopolavoro nel centro storico. “In questi casi – rassicura Icardi – vige il principio della maggior precauzione. Si interviene su tutti i contatti più stretti per interrompere la potenziale catena infettiva. Quindi nessuna paura, sono semplicemente linee guida internazionali”.
IL COMMENTO
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