"Regna molta confusione sul tema dell’accoglienza di migranti e di profughi-richiedenti asilo, spesso giustificata da problematiche oggettive di mancato rispetto del territorio e dei suoi equilibri antropologici; altrettanto spesso dettata da speculazioni figlie della paura che la crisi attuale della società moderna, individualista e frammentata, ha seminato tra noi, attaccando in modo molto serio il legame sociale che è alla base della convivenza civica", spiega in una nota il vice sindaco di Recco Gianluca Buccilli. E aggiunge:
"Gli amministratori locali, e i sindaci in particolare, sono l’anello debole di questa catena: eletti con il compito di promuovere il bene comune, spesso lasciati soli dalle Istituzioni superiori e sprovvisti delle risorse per attuare ciò che sarebbe necessario, si ritrovano a dover preservare i legami sociali e la coesione delle proprie comunità senza mezzi idonei, finendo loro stessi per fare da parafulmine rispetto alla disillusione dei cittadini, pur senza esserne il più delle volte responsabili.
Vi sono poi forze politiche che dell’argomento ne hanno fatto uno strumento per lucrare consenso politico", prosegue ancora la nota.
"Anna Foa, nel suo editoriale pubblicato domenica 19 febbraio u.s. su Avvenire, a proposito delle espressioni pronunciate proprio a Recco da Matteo Salvini il giorno precedente (“Ci vuole una pulizia di massa via per via, quartiere per quartiere, con le maniere forti se occorre”) scrive che “Ci sono parole più pesanti di altre, parole che ci fanno correre un brivido dietro la schiena, ci riportano prepotentemente al passato, che suscitano, o almeno dovrebbero suscitare in noi, un sussulto morale, un risveglio insopprimibile della coscienza.
Continua Anna Foa: “Ogni volta che ascolto parlare di pulizia a proposito di esseri umani mi tornano a mente le infinite bare di Srebrenica”.
“Anche dei rastrellamenti strada per strada, quartiere per quartiere, conserviamo una chiara memoria; così i nazisti braccavano gli ebrei, proprio strada per strada, quartiere per quartiere, appartamento per appartamento”.
“Erano forti le maniere usate da Stalin contro i suoi oppositori, contro Bucharin, contro Trotzckij, e poi quelle usate con i contadini ucraini, morti a milioni per fame, e contro tutti coloro che sono stati inviati a morire nel Gulag”.
“E così via, una lunga lista di maniere forti che hanno caratterizzato il Novecento, il secolo dei genocidi, e che sono ancora qui a segnare il terzo millennio. La Siria insegna, per nominare il peggiore dei mali di oggi”.
Ritengo sia arrivato il momento di usare il linguaggio della chiarezza: non si tratta più di appartenenza politica, di destra o di sinistra. Non si può stare dalla parte di chi (utilizzo le parole di Anna Foa) “vorrebbe allontanare, anche con l’assassinio a orologeria del respingimento cieco, quelli che chiedono aiuto”.
Io sto dalla parte di chi pensa che soccorrere sia il dovere di ogni essere umano, che a un bambino in pericolo si possono solo aprire le braccia, che una donna che sta partorendo vada accolta ed aiutata.
Il Santo Padre, parlando con i giornalisti in aereo dalla Svezia, ha coniugato in modo chiaro la misericordia verso chi è costretto ad emigrare e la concreta capacità di accogliere un numero congruo di persone. Ha ricordato che è la paura a chiudere le frontiere, ma che è la prudenza il migliore consigliere dei governi.
L’Europa è il luogo della responsabilità, che deve farsi garante dei principi di solidarietà e dove esercitare il ruolo per rendere i numeri compatibili.
Limitatamente alla nostra realtà rilevo come Anci si stia adoperando, sia a livello centrale che a livello regionale, affinché non si giunga a soluzioni impositive unilaterali ma si concertino tra comuni e prefetture modalità comprensoriali di conteggio delle quote ed esclusioni specifiche dagli obblighi di accoglienza per quei territori sprovvisti di caratteristiche idonee o che abbiano già fornito un contributo in termini di ospitalità.
I comuni, nella loro generalità, possono essere coinvolti dal fenomeno dell’accoglienza di migranti attraverso strutture presenti sul territorio, distinte in una delle due seguenti forme: i CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria) e lo SPRAR (Sistema di Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati).
Le strutture riconducibili ai progetti CAS vengono reperite ed attivate direttamente dal Ministero degli Interni, tramite la Prefettura competente per territorio.
Il Comune non ha voce in capitolo sull’apertura e sull’organizzazione della struttura e le autorizzazioni possono avvenire anche in deroga da parte del Prefetto. Il sistema si presta maggiormente all’ingresso di soggetti gestori poco noti sul territorio e più difficilmente controllabili.
Lo SPRAR è un sistema interamente pubblico, gestito su base volontaria dai comuni in modo decentrato, con parametri di qualità elevati, che può contare su una esperienza oramai ultra-decennale di attività e che mette al centro l’Accoglienza Integrata, ossia un’accoglienza che punti anzitutto alla riconquista dell’autonomia del richiedente asilo.
I principali punti di forza, dal punto di vista dei comuni che gestiscono un progetto SPRAR, sono il fatto che si tratta di un progetto modulato sulla possibilità del territorio, interamente pubblico e facilmente controllabile dal Comune, nonché la certezza di evitare l’apertura di un CAS all’interno dei confini comunali.
E’ inoltre consentito di fatto ai comuni titolari di progetti che ospitino strutture SPRAR all’interno del proprio territorio, di esprimere preferenze circa la tipologia di persone da inserire in struttura.
L’esperienza dei progetti SPRAR in essere ha messo in evidenza un numero molto ridotto di casi problematici, in cui è stato necessario assumere provvedimenti di allontanamento dalla struttura delle persone inserite"
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