“Mettere quelle cisterne sotto la Lanterna? Assurdo. Sarebbe come metterle sotto la Statua della Libertà a New York”. Aldo Spinelli non le manda a dire. La sua richiesta di accogliere al terminal rinfuse i traghetti merci di Tirrenia e Gnv è stata rinviata dal comitato di gestione dell’Autorità portuale di sistema di Genova-Savona. A fomentare Doria e Canavese, dissidenti all’interno del board, sarebbe stato Pietro Ottolenghi della Pir, che spinge per creare in quell’area un deposito di prodotti petrolchimici. Il terminalista ora va all’attacco e invoca rispetto per i posti di lavoro. I suoi e quelli della Compagnia Pietro Chiesa, gli ex ‘carbunin’, che rischiano di sparire con la chiusura della centrale Enel.
“Sono cose che fanno male – confessa il numero uno del Gruppo Spinelli ai giornalisti convocati sotto il faro simbolo della città – Io devo tutelare i miei lavoratori e anche il lavoro della Pietro Chiesa. E noi vogliamo creare ancora più posti. Il presidente Signorini e il segretario generale Sanguineri meritano grande rispetto, mentre alcuni del comitato hanno votato per il rinvio. Però non si possono rinviare i traghetti che non hanno più banchine per attraccare”. Non vuole fare nomi, ‘o sciô Aldo’, se non quello di Ottolenghi che a suo dire avrebbe influenzato certi membri del comitato per mettergli i bastoni tra le ruote dopo l’esclusione dalla trattativa per l’acquisto del terminal.
L’area delle rinfuse è stata rilevata negli scorsi mesi da Spinelli, che ne detiene il 44%, e Aponte con il 36%, mentre una quota del 20% è ancora nelle mani di Ascheri. “Da quanto è venuto a mancare l’unico cliente, cioè Enel, il terminal ha accumulato perdite per 250mila euro al mese”, spiega il terminalista, che rivendica il suo ruolo nell’affare: “Se non l’avessimo preso noi sarebbero stati licenziati tutti i lavoratori. Noi abbiamo presentato un programma di investimenti, ci siamo impegnati a pagare tutti i creditori, compresa l’Autorità portuale, che ci auguriamo faccia altrettanti investimenti. Oggi queste banchine sono vuote, mentre altrove si scoppia, e qui si pagano 50mila euro al mese all’Autorità portuale. Io ci metterò tutte le risorse, finché il Signore mi darà la salute, perché è mio pieno diritto far lavorare tutti”.
E se Spinelli e Aponte intendono allargare verso Ponente il terminal traghetti, facendo ormeggiare le navi Gnv e Tirrenia dove fino a qualche mese fa si scaricava il carbone, il progetto di Ottolenghi vedrebbe invece nascere sotto la Lanterna un polo petrolchimico adibito allo stoccaggio di sostanze che, secondo Spinelli, “non possono stare qui, sono proibite. Possono andare sono a Multedo. Non lo dico io, ma l’Autorità portuale”. Ottolenghi, peraltro, era vicino ad acquisire il 30% del terminal rinfuse, ma la trattativa con lui era saltata in fase di closing. “Perché? Voleva prendersi solo il 5% - spiega Spinelli – e mentre noi e Aponte ci siamo impegnati a pagare tutti i debiti e gli stipendi del personale, lui voleva pagare solo il 5% della concessione del Terminal San Giorgio, che non potrà mai ospitare le sue cisterne”.
La polemica rischia insomma di avere pesanti ricadute sull’occupazione. “Con me non rischia nessuna famiglia – assicura Spinelli – io sono pronto a impiegarli da tutte le parti fuorché mandarli a casa. Il problema è che non ci sono solo i nostri, ma anche quelli della Pietro Chiesa”. Il console Tirreno Bianchi conferma: “Abbiamo 35 persone in cassa integrazione. Sarebbe assurdo lasciare le banchine vuote, non si possono bloccare le attività in essere”. Da tempo si cerca un accordo con la Culmv, che al momento sarebbe l’unica a poter operare su tutto ciò che non è rinfuse. “Speriamo di non diventare la bella di Torriglia – sospira Bianchi – noi non vogliamo fare guerre insensate, siamo aperti anche all’accorpamento, ma non possiamo aspettare Godot”. Anche perché il lavoro non mancherebbe. “Se i portuali della compagnia unica non riescono nemmeno a coprire le chiamate, come facciamo a operare?”, si chiede ancora Spinelli.
Mentre si consuma la guerra nelle stanze di San Giorgio, l’ex terminal del carbone rischia di rimanere un deserto a lungo. “Non vedo perché debbano negarci di usare due meravigliose banchine, di installare un pontone da 165mila euro già acquistato, in un’area che abbiamo già riasfaltato spendendo 60mila euro. Una volta il terminal traghetti era il terminal frutta, questa è la naturale evoluzione delle merci”, insiste Spinelli. Che poi si volta verso lo storico faro: “E se oggi non ci sono più rinfuse che facciamo, stiamo qui a guardare la Lanterna?”.
porti e logistica
Terminal rinfuse, Spinelli parte all'attacco: "Petrolchimico sotto la Lanterna? Assurdo"
Dopo il rinvio del comitato di gestione all'ipotesi traghetti
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