Da un Claudio (Burlando) all'altro (Scajola). Oppure sotto l'ala protettrice di Giovanni Toti? O, ancora, una sfida all'incertezza puntando sul Movimento 5 Stelle? Nei palazzi che contano, ci si interroga sul futuro politico-amministrativo di Imperia. Gli imperiesi, invece, lo fanno per ora molto meno. Secondo tutte le cronache giornalistiche, della crisi della giunta guidata dal sindaco Carlo Capacci sono in pochi ad esserne consapevoli: la migliore dimostrazione che l'esecutivo cittadino di problemi ne ha risolti tanto pochi che nessuno si accorge se c'è o non c'è.
A maggio, quando si voterà, qualcosa però dovrà pur succedere. E siccome la vede brutta, il Pd locale ha deciso di ritirare i propri quattro assessori, cercando di dare il benservito a Capacci. Il tentativo, neppure così nascosto, è rifarsi una verginità giocando su un argomento sensibile: l'acqua pubblica. È su questo, infatti, che apparentemente si è consumato lo strappo fra i dem e Capacci. Loro a perorare la causa di Rivieracqua, pur se squassata dai debiti e dalle inchieste giudiziarie, lui a sostenere che la situazione dell'azienda è talmente scombinata che avere a che fare con un socio privato potrebbe essere meglio. Anche se, di principio, non sarebbe ostile all'acqua pubblica.
E allora, com'è che le posizioni risultano tanto inconciliabili? La verità è che Capacci è figlio del Pd stesso, ma di quello che aveva il proprio perno nel sistema di potere messo su dall'ex ministro e governatore ligure Claudio Burlando. Folgorato sulla via del renzismo, dopo essere stato dalemiano, bersaniano e tutto ciò che occorreva per stare saldamente al comando, Burlando pensò che l'idea di Matteo Renzi di sfilare elettori a Silvio Berlusconi e al centrodestra fosse quella vincente.
Così si attrezzò. Per la propria successione al soglio di presidente della Regione Liguria scelse la spezzina Raffaella Paita e la sostenne facendo quello neanche tutti i democristiani del passato facevano. Uno come Achille Lauro, invece, sì: ora ti dò un po' di contributi, dopo che mi hai votato la "delfina" arriverà il resto. Era un po' come la storia della scarpa destra e di quella sinistra.
Siccome in quel momento niente e nessuno sembrava poter fermare l'allegra e arrogante macchina da guerra renziana, i sindaci liguri di centrodestra, compresi quelli del Ponente, risposero presente. Burlando sembrava aver quadrato il cerchio, passò pur tra mille polemiche la strettoia delle primarie, che pure segnarono lo strappo con uno sdegnato Sergio Cofferati perché si presero anche i voti degli ex fascisti, e presentò la Paita alla sfida finale.
Era certo, certissimo della vittoria. E a noi di Primocanale fece una profezia da brivido: "Favete una bvutta fine". Voglio ricordarla scrivendo la sua caratteristica erre moscia, per farci un sorriso sopra, oggi. Ma quando lui la pronunciò era proprio incazzato, livido direi. Nella brutta fine, politicamente s'intende, ci ha preceduto. Ma in quei giorni il vento soffiava in poppa e Capacci stesso coltivava sogni di gloria: si era messo al servizio di Burlando e Paita e teorizzava per la sua lista di sostegno alla "delfina" addirittura l'ingresso in Regione. Anche Biancheri, il sindaco di Sanremo, fu prodigo con l'allora potente governatore Pd.
Quando le urne si aprirono, però, la sorpresa fu grande: Giovanni Toti, arrivato in Liguria come se fosse un marziano, sbaragliò il campo. Complice, se si può dare un senso buono al termine, fra gli altri anche Marco Scajola, oggi assessore regionale all'urbanistica. È il nipote dell'ex ministro Claudio e chi non ha dimestichezza con queste storie tenga a mente la cosa.
Noi seguiamo ancora per un attimo le vicende del ponente ligure. A Sanremo Biancheri si smarca dal vecchio sistema di potere burlandiano e ridisegna la giunta orientandola verso una declinazione civica più marcata. In realtà, si riposiziona riavvicinandosi al centrodestra, anche se alla guida di Rivieracqua ci mette Massimo Donzella, il cui merito è essere partito dalla Dc per arrivare, dopo molti esercizi di trasformismo, al Pd burlandian-renziana.
Per Capacci, invece, la questione è più complicata. Se a Sanremo il Pd subisce e partecipa alle decisioni di Biancheri, a Imperia i vertici del partito e gli uomini forti (leggi ad esempio il segretario cittadino Antonio De Bonis e il consigliere regionale Giovanni Barbagallo) non stavano né con Renzi né con Burlando-Paita. Anzi, hanno appoggiato alle primarie Cofferati e al congresso nazionale il ministro Andrea Orlando. Così, quando è arrivata la resa dei conti, Capacci ha scontato il suo peccato originale, compresa la rimodulazione della giunta che tolse potere al suo vicesindaco Zagarella.
Adesso volano gli stracci. Il sistema di potere di Burlando va in archivio, ma si potrebbe passare da un Claudio all'altro. L'ex ministro Scajola, infatti, pare deciso a ripristinare la storia: Imperia è sempre stata una roccaforte di centrodestra e per paradosso è rimasta l'ultimo baluardo dell'altra sponda, dopo che Toti ha stravinto in Regione, a Savona, a Spezia e a Genova! Dunque Scajola vuole ricandidarsi sindaco a vincere. Per farlo punta su una lista civica, sognando ovviamente il sostegno del centrodestra. Però...
Ricordate il nipote Marco? Ecco, riportiamolo sulla scena: è legatissimo a Toti e sta cercando di convincere lo zio che non è più cosa. Delle liti in famiglia si parla assai, e magari si straparla anche, a Imperia. Ma per ora niente e nessuno - neppure il fratello Alessandro, papà di Marco, ex parlamentare e big di Banca Carige - sembra poter spingere l'ex ministro a prendere la via della pensione. Per adesso sull'argomento Toti tace. E potrebbe anche non aver bisogno di pronunciarsi: il veto alla candidatura di Scajola senior (al netto dell'ultima inchiesta giudiziaria sul presunto aiuto al latitante ex deputato Matacena) potrebbe e dovrebbe arrivare dal segretario della Lega Matteo Salvini e da Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia.
Sono tutti parte di quel centrodestra unito che potrebbe formare un monocolore senza precedenti in Liguria. A meno che Claudio Scajola non divida il fronte al punto da farlo perdere. Consegnando Imperia ai Cinque Stelle. Nel suo tour elettorale in vista delle politiche, infatti, Alessandro Di Battista ha arringato i presenti: Burlando e Scajola hanno fatto scempio da queste parti, voltiamo pagina. Nell'antica roccaforte dei due Claudio tira un'aria pesante. Molto pesante. Ma prima della resa dei conti finale ci saranno, appunto, le elezioni nazionali. E i rapporti di forza potrebbero molto mutare. Allacciamoci le cinture di sicurezza...
cronaca
Si torna all'altro Claudio (Scajola) o la vera sfida sarà Toti-Cinque Stelle?
Crisi politica a Imperia, al capolinea il sistema di potere di Burlando
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