cronaca

Dopo la lettura l'imputato ha urlato: "Se fossimo colpevoli ce ne saremo assunti le responsabilità"
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 Colpo di scena al processo per l'omicidio del pusher Davide Di Maria, avvenuto il 17 settembre 2016 a Molassana. Il sostituto procuratore Alberto Landolfi ha formulato una nuova accusa nei confronti di Vincenzo Morso, padre di Guido unico imputato per l'assassinio: il pm ha contestato all'uomo l'accusa di concorso in omicidio.


Dopo la lettura della nuova imputazione, Vincenzo Morso ha urlato al pm "Noi Morso abbiamo le p...e, se avessimo fatto qualcosa ce ne saremmo assunti le responsabilità". In pratica, secondo il magistrato, il fatto che padre e figlio fossero andati armati all'appuntamento con Di Maria e i suoi amici comporterebbe una assunzione di responsabilità per quello che sarebbe potuto accadere.

Oltre ai due Morso nel processo sono imputati anche i due amici della vittima Marco Mor N'Diaye e Christian Beron Tovar detto Escobar, accusati di rissa aggravata e droga. Secondo gli inquirenti il delitto sarebbe maturato per un debito di droga. Quel giorno i due Morso arrivarono all'appartamento dove stavano i tre armati di pistola. Di Maria, N'Diaye e Beron a loro volta aspettavano i due e avrebbero cercato di aggredirli.

Ne era nata una rissa e Di Maria era stato ucciso. Padre e figlio erano scappati ma dopo 24 ore il più giovane si costituì e confessò di aver sparato. Il padre si era presentato dai carabinieri due settimane dopo il delitto. L'autopsia aveva chiarito però che Di Maria, trovato coi polsi semi legati da fascette da elettricista, era stato colpito con un coltello, arma mai ritrovata dagli inquirenti. I Morso avevano detto di aver avuto solo due pistole e che i coltelli li avevano gli altri contendenti. All'udienza di oggi sono stati sentiti due testimoni che, secondo l'accusa, erano spacciatori dei Morso e che N'Diaye stava cercando di convincere a passare dalla loro parte "tradendo" padre e figlio.