
In totale sono 10mila i lavoratori dei diversi stabilimenti Ilva assunti, ma questo vale solo per la durata del piano industriale, poi la cifra potrà liberamente scendere fino a 8mila 500 unità. Questa parte del contratto era rimasta riservata ai sindacati. Ancora a rischio dunque anche la posizione degli operai di Cornigliano. Non appena la questione è venuta alla ribalta attorno all’Ilva è scoppiato il finimondo con il dito puntato sul governo. “La trattativa che stavamo cercando di portare avanti da mesi era finta, il governo ci ha preso in giro e ha già contrattato tutto con Mittal, penali comprese". Questa la dura la presa di posizione del segretario regionale Fiom Bruno Manganaro che poi rincara la dose: "E' vergognoso che con la scusa della riservatezza il governo abbia tenuto nascosto tutto questo a noi e agli enti locali, ma ora emerge con certezza quel che già sapevamo e cioè che Mittal assumerà al massimo 10 mila lavoratori per poi arrivare a 8.500. E ancora più grave che il contratto scritto prevede che i lavoratori dovranno licenziarsi per essere poi riassunti e questo non perché ce lo chiede l'Europa - attacca il segretario della Fiom - ma perché il Governo ha deciso di regalare l'Ilva a Mittal". Per la Fiom genovese questo significa "meno persone in fabbrica e a condizioni di salario peggiori con il rischio che i lavoratori che resterebbero fuori non finiscano solo nella scatola nera della società in amministrazione controllata ma anche in ditte di appalto senza prospettive e chissà a quali condizioni".
Per questo i sindacati hanno deciso nell'ultimo vertice al Mise di alzarsi e abbandonare il tavolo di trattativa: "Per noi vale solo quello che hanno detto i lavoratori a Genova, a Novi e che credo diranno anche a Taranto nelle prossime assemblee: continuità occupazionale, di reddito e di diritti. A Genova diremo no a qualsiasi costo anche lottando e scioperando a chi pensa di farci ingoiare il rospo con una trattativa finta"
Dalla prossima settimana intanto partiranno una serie di assemblee in fabbrica per decidere le forme di mobilitazione. Ed è sempre più probabile il ricorso a uno sciopero generale capace nuovamente di bloccare le fabbriche e le città. Genova compresa. Si avvicina sempre più una primavera calda.
IL COMMENTO
Salis, quanto conta la bellezza in politica?
Dai dazi di Trump al voto per Genova, quando il mondo va alla rovescia