Non conosco le battaglie liberal della dottoressa Serafini, né il suo curriculum culturale e politico. So da quanto hanno scritto in questi mesi sul suo operato nella giunta Bucci, che è una seguita blogger. Cioè sa usare bene la rete riscuotendo un forte consenso. Bene. Non conosco all’interno della cosiddetta “destra moderata” il ruolo della stessa. Si è dimessa per una storia sul Museo del Jeans (boh?), ma non sono riuscito a capire che cosa ci sia di così squisitamente politico nella suddetta vicenda.
Vedo qua e là tentativi di fare di queste dimissioni , che dovrebbero scuotere solo il Nulla, un caso politico contro il sindaco o il governatore Toti che, mi pare abbiano liquidato la raffinata querelle con una alzata di spalle. I problemi di Genova e della Liguria sono altri purtroppo.
Fa sorridere assai assistere al tentativo da parte di qualcuno del Pd di farne davvero un caso di contrapposizione tra ala catto-conservatrice e ala liberal-moderata all’interno della neo destra ligure. Un Pd irrilevante così tanto da dover tentare di fomentare questo “casetto” per farsi un selfie “politico” che, peraltro, nessuno ha rilevato e recepito. “Ma mi faccia il piacere!” sbottava Totò.
Ma davvero pensate che quando si vedono in sala giunta rossa gli attuali amministratori parlino di queste somme dispute? Un’ala di feroci sedevacantisti o léfebvriani contro un filone che sta con padre Bianchi e la comunità di Bose , tifosi di Hans Kung o un gruppetto di liberaloni d’antan che tutte le sere si telefonava con Pannella?
Sul piano del vulnus culturale alla città di Genova, l’ex assessore Serafini lascia due o tre vicende sul tappetino del bagno: il provvedimento con cui i dipendenti di Tursi possono portare seco in ufficio animali da compagnia e da cortile (cani, gatti, criceti, pappagallini), idea che allora ha suscitato commenti facili e non edificanti su “anche i cani entrano a Palazzo Tursi” e, sul tappeto del salotto la chiusura del museo di Villa Croce, la cacciata del maestro Luisi dal premio Paganini, il ridimensionamento di ruolo e di presenza fisica di Palazzo Ducale.
Un mio vecchio e autorevole direttore a cui chiedevo lumi, una volta che un collega mi presentò le sue dimissioni mi consigliò: “Se uno dà le dimissioni accettale sempre, perché non ti capiterà mai più un’occasione così favorevole”.
Signor sindaco cerchi un altro assessore alla Cultura e lasci che i cani, gatti, criceti, pesci rossi e mucche cabannine lascino Palazzo Tursi per tornare alle loro case. Con buona pace delle battaglie liberal che sono, ahimé, una faccenda molto seria. Appunto.
politica
Ma non trasformate in 'caso politico' una lettera di dimissioni
L'analisi dopo l'uscita della Serafini
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