
Poco distante ci sono ancor due mezzi pesanti: un camion rosso, la cui motrice è rimasta miracolosamente intatta, neppur una vena sul parabrezza e, accanto, invece, i testi schiacciati di una betoniera. Un po’ più in là c’è il pilone centrale, alto ormi solo una manciata di metri, decapitato nel crollo del ponte.
E poi, soprattutto loro, le case fantasma di via Porro, immutate da quel giorno, finestre chiuse, chi ha avuto il tempo di farlo, qualche panno ancora steso. Il tempo si è come fermato, qui, e a guardarle con il senno del dopo/tragedia sembra incredibile che fossero, alcune, così vicine al ponte, tanto da toccarlo.
Gli sfollati di via Porro intanto attendono che il Comune dice loro quando, quanto e in quanti potranno andare a prender le loro cose a casa “non voglio lasciarci neppure un bicchiere” dice una signora che da 68 anni viveva in via Porro.
“Aspettiamo che riapra via Perlasca - chiede il presidente del centro integrato di via di Certosa, Enzo Greco, perché sopra non c’è più ponte ma è sotto sequestro. Migliorerebbe la circolazione”.
IL COMMENTO
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