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Come per molti altri, anche per l'argentino il passaggio dal Doria di Garrone a quello del Viperetta fu traumatico. «Ero alla Sampdoria e finché la gestione era della famiglia Garrone tutto bene: lui, un grande uomo, amato dai genovesi. Società seria. Poi è arrivato Ferrero e sono iniziate le manovre strane. Mi dice che c’è la possibilità di andare al Parma e che avrei dovuto accettare perché alla Samp per me non c’era spazio».
«Mi allenavo con i fuori rosa – ricorda – venivo da un infortunio. Ma mi dispiaceva lasciare i blucerchiati perché ho ottenuto una promozione in Serie A e il popolo genovese mi ha voluto bene. Mi dicono che avrei mantenuto lo stesso ingaggio, accetto il trasferimento al Parma ignaro dei problemi societari di questi ultimi». Inesistenti i rapporti con Leonardi e Ghirardi, dg e patron: «Non ci ho mai parlato. Non sapevano nemmeno cosa compravano. Facevano scambi solo per guadagnare. C’era qualcosa di strano perché al primo mese non hanno pagato e non chiamavano nemmeno. Dopo quattro mesi mi sono detto: “Qui è un inferno”. Non c’ero più con la testa».
Juan Antonio è passato subito in prestito alla Feralpisalò: «Dovevo ricominciare e avere un po’ di gioia nel giocare. Così ho accettato di scendere in Serie C. I soldi non erano una necessità. L’ingaggio era a carico del Parma, che però non ha pagato. Alla fine di quell’anno il Parma è fallito: io ho perso di fatto due anni di contratto che avevo ancora alla Samp: il primo perché sono andato al Parma che non mi ha pagato, il secondo perché il Parma è fallito. E ho capito che non volevo avere più a che fare col calcio, pertanto sono tornato in Argentina»..
Juan Antonio sostiene che Ferrero fosse perfettamente a conoscenza della situazione societaria del Parma e, nonostante questo, avesse spinto per il suo trasferimento: «Credo di sì. Sono stato un giocatore importante per il ritorno in Serie A della Sampdoria e lui mi ha fregato. Se ha fatto questo a me, non oso pensare agli altri. Quando c’è un presidente che non lavora bene ne pagano le conseguenze tutti»,
IL COMMENTO
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