Che sarà un Natale “diverso” ce lo dicono da giorni e giorni e quell’aggettivo è già obsoleto e insopportabile. Natale è la Festa con la maiuscola con la sua radice religiosa, costruita poi dalla società laica e sempre più consumistica in molto altro. Natale è la tradizione delle famiglie, dell’incontro sotto l’albero e davanti al Presepe delle generazioni, Ma l’albero lo abbiamo importato dal Nord pieno di freddo e di neve e il presepe se lo è inventato san Francesco, costruendolo in una capanna del suo tempo.
Voglio dire che il Natale è una Festa “costruita” nei suoi riti e nelle sue celebrazioni, laici e religiosi, che oggi la tempesta del Covid limita, minacciandone proprio lo svolgimento con le riduzioni e le distanze che la pandemia impone. Ma la Festa rimane nella sua essenza e come tale va rispettata e vissuta come si può, mantenendo lo spirito che è sopratutto quello di una rinascita, di una speranza che si accende, come le luci che brillano di più anche nel nostro inverno più difficile da quelli della guerra.
L’umanità non viveva un Natale così drammatico da quello del 1944, perché quello del 1945 era già pieno della luce, appunto, di speranza della guerra che finiva, della libertà che tornava.
Allora in questo Natale così “diverso” si può forse esprimere un pensiero laico di speranza che allieti le giornate “confinate”, “distanti”, “limitate” che ci aspettano, malgrado gli alberi accesi e i presepi con Gesù Bambino tra il bue e l’asinello. Il pensiero è ovviamente una speranza e non solo quella che usciamo il più presto possibile da questa pandemia terribile. Di fronte alle migliaia di morti ( in Italia saranno tra poco sessantamila) e di contagiati ( ogni giorno sono decine di migliaia) è che cambi il linguaggio della politica.
Lo show della politica che si avvoltola in questa emergenza è diventato insopportabile nella contrapposizione permanente della maggioranze e della opposizioni, a Roma come in ogni territorio e nelle divisioni all’interno degli stessi partiti. C’è lo scontro tra il Governo e le Regioni che si accende un giorno sì e l’altro anche, in una confusione istituzionale che avrà la sua storia politica ben radicata, ma che non se ne può più. A Roma come a Genova che rapporto c’è tra chi ha il potere e decide e chi siede all’opposizione? Fanno conferences call ogni giorno, ma poi ogni misura varata viene denunciata come presa dall’alto e imposta. Non c’è dialogo, non sembra ci sia senso dello Stato, maturità istituzionale, confronto duro ma proporzionato all’emergenza che si corre.
Sembra sempre tutta una corsa alla ricerca del consenso, ingigantito dalla visibilità massiccia che i mezzi di oggi offrono, minuto per minuto. Vale di più un tweet, una diretta face book, un’intervista di ogni ragionamento.
Tutto questo non si ferma mai, neppure davanti al lutto, a queste croci che si moltiplicano nei cimiteri, che escono dagli ospedali con i riti pietosi dell’addio ridotti al minimo, senza che neppure le lacrime possano avere un conforto.
Neppure davanti ad addii definitivi che avvengono peggio che nelle guerre di trincea.
Il pensiero di Natale è che la Festa della luce, della speranza induca non a scannarsi se i confini di un Comune non sono valicabili nei giorni della tradizione, ma a moderare, a trovare per il futuro, per i giorni che verranno, un modo migliore di confrontarsi, rispettando la democrazia, ma anche il senso dei tempi che stiamo vivendo.
politica
Un Natale diverso tra paura, tradizione e (forse) qualche rissa politica in meno
Sembra sempre tutta una corsa alla ricerca del consenso
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