Tre dati fotografano la situazione. Per Cna il cenone natalizio cancellato farà perdere 600 milioni, per Coldiretti invece saranno 70 milioni i panettoni invenduti, per Confcommercio saranno 7 milioni i danni subiti dal comparto ristorazione. Le feste a metà previste dall'ultimo Dpcm hanno scatenato le proteste da più parti. Il ministro Roberto Speranza ha stroncato la possibilità di alleggerire le misure: il coprifuoco resta e durante i tre giorni clou 25-26 dicembre e 1 gennaio stop agli spostamenti tra comuni.
Il mondo della ristorazione non ci sta, spera in un cambio di rotta, lo chiede con forza, in primis al governo. In Liguria l'Unione regionale cuochi ha inviato una lettera aperta a tutte le autorità."Il Comitato tecnico scientifico non aveva dato parere negativo all'apertura dei ristoranti ma bensì di aumentare la sorveglianza, come è giusto che sia. Il comparto della ristorazione è fatto di famiglie, perché passiamo più tempo nei nostri locali che nelle nostre case; di passione, dedizione, ricerca, volontà che vanno oltre il guadagno, lo raccontano le nostre mani logorate".
Nei mesi hanno sopportato i costi della riapertura, i dpcm che via via si sono susseguiti hanno elencato nello specifico le misure da seguire: distanziamento dei tavoli, numero massimo di clienti, ecc. Poi sono arrivate le chiusure in base ai colori. Stop alle cene con i locali chiusi alle 18. Un anno travagliato che porterà alla fine il segno meno a bilancio di tante realtà che rischiano di chiudere. Solo in Liguria ci sono circa 13mila tra bar, ristoranti, pizzerie e agriturismi. Il rischio di perderne per strada qualcuno è alto. L'asporto è un'ancora di salvataggio ma non basta, copre appena il 20% secondo le stime.
E allora ecco che nella lettera nero su bianco si trova la richiesta di maggiore attenzione, nessuna richiesta per un nuovo ristoro ma solo rispetto per il lavoro. Viene chiesta serietà a "uno Stato che impone e dispone, si tratta di vite, di famiglie, di aziende. Una radicale modifica dei regolamenti. Che venga permessa la libera circolazione regionale alla popolazione, nel pieno rispetto delle regole anti pandemia da voi dettate. Di lavorare non di essere burocrati. Di non essere tacciati come criminali perché vogliamo tenere aperto come altri settori che hanno lo stesso potenziale, se non superiore, di crescita epidemiologica". Toni duri per far capire la preoccupazione e le difficoltà far quadrare i conti alla fine del mese.
Alessandro Dentone, presidente dell'associazione cuochi di Genova e Tigullio spiega perchè è nata la lettera: "Siamo tornati in zona gialla, ma è un giallo sbiadito. A Natale o Capodanno immaginate un ristorante di un piccolo comune dell'entroterra ligure come fa a lavorare quei giorni? E' praticamente impossibile. E poi soprattutto speriamo di non dover andare avanti con le chiusure serali fino alla primavera, tante realtà lavorano solo la sera, senza considerare i cali di fatturato delle realtà che si basano su clienti della mattina ma che a causa dello smart working hanno visto il calo". Un bilancio in perdita, sotto tutti i punti di vista. E il rischio concreto che quando la pandemia sarà una volta per tutte alle spalle, alcune serrande non si rialzeranno più.
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I cuochi chiedono alle istituzioni la ricetta contro la crisi: "Non fateci morire di disperazione"
Inviata una lettera alle autorità per chiedere rispetto
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