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Scompare a 67 anni il regista allievo di Chiesa e Squarzina, con Repetti (mancato a dicembre) anima dello Stabile
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 "Erano tutti miei figli". Con questo titolo di Arthur Miller, uno dei drammaturghi portati in scena allo Stabile, Ivo Chiesa potrebbe definire Carlo Repetti e Marco Sciaccaluga, i suoi eredi alla guida del teatro genovese. Se ne sono andati ancor giovani nel giro di poche settimane: Repetti ai primi di dicembre, Sciaccaluga stasera. Insieme avevano scritto e messo in scena "Inverni" da Silvio d'Arzo, con de Ceresa e la Albani sul palco. Adesso che se n'è andato anche il secondo "gemello" della Corte, viene in mente soltanto il titolo della sua ultima regia da Stoppard, anno 2019 quindi poco prima della glaciazione pandemica: "Rosencrantz e Guildestern sono morti".

Sciaccaluga, scomparso a 67 anni per un male incurabile, è stato un personaggio fondamentale nella storia della cultura genovese del secondo Novecento, anche se la sua leggendaria autoironia avrebbe smontato anche tale definizione. Diplomato attore alla scuola dello Stabile, all'ombra di un gigante come Luigi Squarzina aveva esordito come regista poco più che ventenne, firmando la prima italiana di "Equus" di Peter Schaffer, un testo duro e difficile, scabroso e provocatorio: segno della cifra che avrebbe contraddistinto tutta la sua carriera. Quindi, il leggendario adattamento di Arnaldo Bagnasco da Remigio Zena, "La Bocca del Lupo", un vero almanacco del teatro genovese a ricordare gli attori: Lina Volonghi, Ferruccio de Ceresa, Camillo Milli, Claudio Gora, Myria Selva, Elisabetta Pozzi, Fulvia Bardelli, Giorgio Gallione, Marcello Cesena, Carla Signoris, Claudio Lizza e Massimo Olcese. Sciaccaluga diresse questa e altre orchestre.

Nelle sue mani sono passati drammaturghi come Molière, Tolstoj, Cechov, Shakespeare, Plauto, Strindberg, Machiavelli, Brecht, Frayn, Calderòn, Miller, Goldoni, Beckett, Pirandello, Turgenev, Pinter, Corneille, Shaw, Koltés, Euripide, Bernhard, interpretati da tutti gli attori italiani del suo tempo. Segno di un eclettismo sconfinato che imprimeva a ogni testo, così come di una passione rimasta intatta fino all'ultimo.

Avrebbe amato, proprio per il suo senso genovese delle cose, essere ricordato anche per quel dettaglio che lo aveva reso noto, fuori dal teatro, a tutti i genovesi e ai nostri telespettatori: grande tifoso di calcio, interveniva volentieri a Primocanale non solo per parlare di teatro ma anche del suo amato Genoa, sempre con arguzia e simpatia.

Ora che cala il sipario, e piace immaginarli insieme tutti e tre, Chiesa e Repetti e Sciaccaluga a progettare allestimenti e, perché no, a parlare del loro Genoa, mentre anche Primocanale si associa al lutto della sua famiglia e della grande famiglia dello Stabile, forse è giusto lasciare la parola all'ultima messa in scena di Sciaccaluga, al suo Rosencrantz: "Attori! Io sto parlando della morte e voi della morte non avete alcuna esperienza. Morite migliaia di morti occasionali e rientrate in scena con un altro cappello. Ma dopo la morte nessuno si rialza e non ci sono applausi. Solo silenzio e qualche vestito usato".