La cerimonia di premiazione della 74esima edizione del Festival di Cannes si ricorderà due cose: la gaffe del presidente della giuria Spike Lee che spoilera la Palma d’oro all’inizio della serata tra l’imbarazzo di tutti e un palmares delirante, difficile trovarne uno che abbia meno senso di questo. Giurati dalle idee senza dubbio poco chiare come testimonia anche il fatto che su sette premi da assegnare due sono andati ex-aequo. A caldo, l’idea è che fossero divisi praticamente su tutto e invece di arrivare ad un compromesso che portasse verso una sintesi siano andati ognuno per conto proprio dando vita ad una giostra delle sciocchezze.
La più grande, ovviamente, riguarda il premio principale andato a ‘Titane’ della francese Julia Ducournau, una provocazione gratuita e di cattivo gusto – tra pulp e travestitismo, pieno di domande cui non dà alcuna risposta - su cui non ho nessun problema a dire che ho capito poco o nulla: la storia di una ragazza alla quale, in seguito ad un incidente d’auto provocato dal padre da bambina, viene sostituita una parte della calotta cranica con una protesi di titanio che – non si sa ben perché – diventa una serial killer. Non contenta di questo si fa mettere incinta da un’automobile (un’automobile!!!) e accetta di farsi passare per il figlio (il figlio!!!) che un capo pompiere eroinomane aveva perso anni prima. Voilà, il gioco è fatto e la Palma è servita.
Io credo che i Festival, al di là della mondanità, debbano soprattutto indirizzare gli spettatori in sala e ancor di più in un periodo come questo dove si sta lentamente ripartendo tutti, in particolare coloro che al cinema ci vanno poco o niente. Ecco, se io faccio vedere ‘Titane’ (o anche l’80% dei premiati) a chi va solo una volta l’anno (“ha vinto a Cannes, sarà bello”), il malcapitato non tornerà – credo – mai più in una sala cinematografica. Non mi sembra un buon servizio. Il resto del Palmares, nella maggior parte, è andata a quelli che ieri ho definito ‘film da festival’, tutti pochissimo riusciti, da “Ha’Berech” dell’israeliano Nadav Lapid ad ‘Annette’ di Leos Carax, passando per ‘Compartment N°6’ del finlandese Juho Kuosmanen, stupito più di noi dall’aver ricevuto il Gran Premio della Giuria.
In questo contesto gli unici due film meritevoli premiati – ‘A hero’ di Farhadi e ‘Drive my car’ di Hamaguchi – finiscono per essere come dei corpi estranei ma la cosa più grave di tutte è che Julia Ducourneau sia la seconda donna ad aver vinto nella storia di Cannes la Palma d’oro ventotto anni dopo Jane Campion e il suo bellissimo ‘Lezioni di piano’: con ‘Titane’ una bestemmia cinematografica. Così, alla fine, la cosa che rimarrà di più nella mente della serata di ieri è la bellezza di Sharon Stone che ha consegnato il premio principale e lo spacco vertiginoso del suo vestito.
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Cannes, tra una gaffe e l'altra la Palma d'Oro della discordia
Il premio principale a ‘Titane’ della francese Julia Ducournau
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